Campagna di Russia

Attacco: Gruppo Armate Sud

A sud la " battaglia delle frontiere " era stata combattuta ben più ad ovest delle principali linee organizzate dai sovietici per la difesa statica, linee che correvano lungo la vecchia frontiera del 1939. Durante la ritirata, molti soldati sovietici dei fronti sud occidentale e meridionale pensavano che una volta al sicuro nelle fortificazioni permanenti (che i tedeschi avevano battezzato " linea Stalin "), le cose sarebbero andate diversamente.

Molti degli ufficiali russi più anziani ne dubitavano dopo quanto era successo in Polonia nei Paesi Bassi e in Francia. Cosa ancor più inquietante, sapevano che la linea Stalin non era stata mantenuta in piena efficienza dopo che, nel 1939/40, la frontiera era stata spostata più ad occidente.

L'Armata rossa aveva bisogno di una strategia basata sulla difesa mobile, precisamente ciò che essa non aveva. Il comando supremo continuava ad impartire alle formazioni disperse un utopistico ordine di formare linee difensive e di contrattaccare un nemico che si muoveva con tale rapidità da trovarsi ad est della linea che esse avrebbero dovuto difendere prima ancora che i relativi ordini le avessero raggiunte.

La linea Stalin si dimostrò un'illusione. Anche se alcuni suoi settori resistettero, il gruppo di armate sud tedesco riuscè ad infrangerla, e il 9 luglio il grosso della 6ª armata tedesca, con alla testa il 1ª Panzergruppe del colonnello generale von Kleist, si trovava già al di là di essa.

Il 10 luglio Stalin, nel tentativo di riportare ordine tra le unità, nominò tre " comandanti in capo di direzione ". L'uomo designato a fronteggiare Rundstedt e il gruppo di armate sud fu il maresciallo dell'Unione Sovietica Semen Michajlovic Budénnij. Sebbene avesse dimostrato alte qualità tattiche, come stratega dava alquanto da pensare e non era forse l'uomo ideale per fronteggiare un militare della vecchia scuola come il feldmaresciallo von Rundstedt.

Tuttavia, dal punto di vista di Stalin, il fatto stesso che Budennij non avesse le caratteristiche di un militare eccellente costituiva un punto a suo favore. Si trattava di un comunista fidato. Per maggior sicurezza, alla carica di " membro del consiglio militare " di Budénnij fu nominato un fidato stalinista, Nikita Krusciov. Krusciov avrebbe dovuto controllare che i soldati fossero politicamente sani e che la popolazione facesse la propria parte.

A differenza di quelli sovietici, i problemi tedeschi erano nati dalle vittorie riportate. Nel momento in cui era stata elaborata la direttiva dell'operazione " Barbarossa " il gruppo di armate sud non era stato considerato come il più importante dei potenziali punti di vittoria. La sua offensiva doveva svolgersi a sud delle paludi del Pripet, mentre il maggiore concentramento del potenziale bellico tedesco, gruppi di armate nord e di centro, con tre dei quattro Panzergruppe si trovava a nord. Soltanto la sua ala settentrionale aveva forti effettivi; in quel settore si trovavano infatti la 6ª e la 17ª armata nonché il lª Panzergruppe, per un totale di 34½ divisioni. Tutto il settore meridionale, che si estendeva dai Carpazi alla costa del Mar Nero, aveva invece soltanto l'11ª armata del colonnello generale Ritter von Schobert, comprendente otto divisioni, e la brigata motorizzata SS Adolf Hitler. In questa zona erano schierate anche due armate romene (la 3ª e la 4ª ) e un corpo d'armata ungherese, ma queste formazioni erano per la massima parte dotata di armi e di equipaggiamenti ormai superati o catturati durante la campagna di Francia; a loro erano stati quindi assegnati compiti secondari.

I compiti erano stati assegnati nel modo seguente: la 6ª armata doveva aprire un varco attraverso il quale potesse passare il 1ª Panzergruppe; quest'ultimo doveva puntare verso il Dnepr a sud di Kiev, e seguirne poi il corso in modo da portarsi alle spalle del fronte sud occidentale sovietico. La 17ª armata doveva puntare su Vinnitza e proseguire poi in direzione est o sud est fino a congiungersi con il 1ª Panzergruppe. Questa manovra avrebbe dovuto consentire di annientare l'intero fronte sud occidentale a ovest del Dnepr e di conquistare l'Ucraina nordoccidentale fino a quel fiume. A sud, la 11ª armata, i romeni e gli ungheresi dovevano proteggere i giacimenti petroliferi di Ploesti, coprire l'ala settentrionale contro eventuali tentativi sovietici di aggiramento e infine sfruttarne il previsto successo per spingersi a est, infrangendo il fronte meridionale sovietico e occupando l'Ucraina sud occidentale. In tal modo tutta l'Ucraina a ovest del Dnepr (la regione nota nell'Unione Sovietica come " Ucraina della riva destra ") sarebbe caduta in mano tedesca. Il piano era ambizioso ma chiaro. Rundstedt conosceva bene il suo lavoro.

A livello gerarchico superiore non si era però altrettanto sicuri. Già il 4 luglio Hitler aveva affermato che il problema più difficile di tutta la guerra avrebbe potuto essere il decidere se dopo lo sfondamento della linea Stalin fosse più opportuno puntare verso nord o verso sud. Si trattava di scegliere tra numerosi obiettivi tutti ugualmente allettanti e l'elemento chiave di questa decisione non era il gruppo di armate sud bensè il gruppo di armate di centro del feldmaresciallo von Bock.

L'essenza della guerra lampo era la profonda penetrazione nel dispositivo nemico di formazioni corazzate e di fanteria motorizzata, penetrazione seguita da una conversione verso l'interno allo scopo di isolare una " fetta " destinata a essere poi schiacciata tra le forze corazzate e le armate di fanteria sopraggiungenti, in massima parte a piedi, dalle retrovie. Vi erano tre gruppi di armate, ma i Panzergruppe erano quattro, dato che il gruppo di armate di centro ne aveva due (il 2ª e il 3ª). Ciò significava che un'eventuale manovra di ampio accerchiamento nei settori settentrionale o meridionale avrebbe costretto o ad inchiodare il nemico contro la costa o a chiedere a uno dei Panzergruppe del gruppo di armate di centro di operare come seconda branca della tenaglia. Nel settore centrale, invece, le manovre di accerchiamento sarebbero potute essere effettuate dal gruppo di armate di centro in modo autonomo, senza cioè dover chiedere l'aiuto di uno degli altri due gruppi di armate.

Tre erano gli obiettivi particolarmente allettanti, uno per ogni gruppo di armate. Per il gruppo di armate nord c'era Leningrado, città natale della rivoluzione d'ottobre che nel 1917 aveva portato al potere i comunisti, ex capitale dell'impero russo, seconda città dell'Unione Sovietica, importante centro industriale e base della squadra del Baltico. Per il gruppo di armate di centro c'era Mosca, la capitale, anch'essa grosso centro industriale, città santa non soltanto del comunismo ma anche della Madre Russia. Il maggiore obiettivo del gruppo di armate sud era Kiev, terza città dell'Unione Sovietica, centro della cristianità slava quando Mosca era ancora un villaggio.

Kiev era la capitale dell'Ucraina, la seconda per importanza tra le repubbliche sovietiche, una repubblica, inoltre, molti dei cui abitanti stavano dimostrando un'inconsueta ma gradita tendenza a salutare i soldati tedeschi come liberatori. Da un punto di vista pratico, Kiev costituiva il punto chiave dell'immensa regione industriale di Charkov, regione ricca di carbone e petrolio che ospitava una parte considerevole dell'industria pesante sovietica. Inoltre, a causa dell'insufficienza del sistema rotabile e ferroviario sovietico, per raggiungere il resto del paese quasi tutto il petrolio e la benzina proveniente dal Caucaso dovevano passare attraverso l'estremità orientale di questa regione.

Si trattava di buoni obiettivi. Per coloro che avrebbero potuto obiettare che il compito di un esercito è innanzi tutto quello di distruggere l'esercito nemico, e solo in secondo luogo di accumulare ricchezze, la risposta era pronta. Tutti quegli obiettivi erano talmente importanti per l'Unione Sovietica che nessuno di essi sarebbe stato lasciato indifeso. Attaccare quegli obiettivi avrebbe dunque significato attaccare il grosso dell'Armata rossa. Per di più Stalin non si era forse affrettato a ordinare " Non un solo passo indietro "? Lo STAVKA l'alto comando sovietico non stava forse contribuendo a stringere il cappio intorno al collo dell'Armata rossa insistendo sulla difesa lineare e su futili attacchi frontali? Per ironia della sorte, Rundstedt era stato uno dei generali di maggior prestigio che avevano tentato di opporsi all'idea di Hitler di attaccare l'Unione Sovietica. Hitler aveva tenuto conto delle loro obiezioni nel senso di sottolineare la necessità di sconfiggere l'Armata rossa prima che essa potesse ritirarsi nelle ampie pianure a est del Dnepr. Opponendosi a una ritirata strategica, Stalin e lo STAVKA stavano facendo il suo gioco.

L'alto comando tedesco non aveva elaborato alcun piano di operazioni per quanto concerneva le paludi del Pripet, zona che esso considerava inadatta per le operazioni di un esercito moderno. Tra i gruppi di armate di centro e sud esisteva dunque un ampio varco, e quando il 1ª Panzergruppe spinse di lato la 5ª armata sovietica, quest'ultima si schierò in quelle zone paludose, costituendo un'incombente minaccia per il fianco settentrionale e la retroguardia della 6ª armata tedesca, e inducendo il suo comandante, feldmaresciallo von Reichenau, a guardarsi di tanto in tanto alle spalle con preoccupazione. Il 10 luglio Stalin ordinò alla 5ª armata di puntare verso sud, e da Korosten' essa avanzò verso Novograd Volynskij. Nello stesso tempo la 6ª armata sovietica attaccò a nord ovest, da Kazatin. Obiettivo di questa manovra era quello di stringere cori una manovra a tenaglia il 1ª Panzergruppe a ovest di Kiev e di far cadere i tedeschi nella loro stessa trappola, il piano fallè.

Le divisioni tedesche costituirono fronti difensivi verso nord e sud, resistettero saldamente e infine contrattaccarono; ben presto apparve chiaro che l'attacco sovietico era degenerato nel vano tentativo di " recidere " la punta di un saliente tra Zitomir e Berdicev. In questa zona, sebbene assai malconci, sei corpi d'armata corazzati russi bloccarono il 1ª Panzergruppe per numerosi giorni, consentendo in tal modo alla 6ª, alla 12ª e alla 26ª armata sovietica di sfuggire al minacciato accerchiamento. Ma nei corpi d'armata corazzati le perdite furono enormi; né il sollievo per essere sfuggiti all'accerchiamento poteva nascondere il fatto che obiettivo della manovra era stato quello di infliggere una grave sconfitta al 1ª Panzergruppe, e non già quello di guadagnare spazio per la fanteria russa.

Alcune unità sovietiche erano dotate dei nuovi, formidabili T34, carri armati la cui potenza ed efficienza superava di gran lunga quella di qualsiasi modello tedesco, e che suscitarono quindi grande impressione; ma ancora per un certo tempo l'Armata rossa non avrebbe avuto un numero sufficiente di questi nuovi carri armati, né in quella fase gli equipaggi avevano sufficiente dimestichezza con lo straordinario mezzo loro affidato per sfruttarne appieno la potenza. 1 tedeschi improvvisarono una risposta al T34 ricorrendo ai cannoni da 88 mm della Flak del II corpo d'armata. A suo modo anche questa era un'arma notevole; sebbene progettato come cannone contraereo, si era scoperto che era molto efficace contro i carri armati, e in questo ruolo era già stato impiegato in Africa. Grazie al suo aiuto, per il momento i tedeschi poterono respirare Più liberamente.

Dopo che la branca meridionale della tenaglia sovietica fu spezzata, la 5ª armata avversaria indietreggiò sui terreni paludosi della regione fortificata di Korosten', riprendendo il suo ruolo di minaccia incombente sul fianco sinistro di Reichenau. Ciò avrebbe avuto importanti conseguenze più tardi. Per il momento, comunque, quel settore del fronte tornò tranquillo.

A seguito del fallimento della controffensiva sovietica, Kiev si venne a trovare in una situazione di immediato pericolo. L'11 luglio, infatti, la 13ª e la 141, Panzerdivision di Kleist (che si erano trovate troppo a est per essere coinvolte nelle battaglie del settore Zitomir Berdicev) avevano raggiunto il fiume Irpen', a poco più di 15 km dalla città.

La possibilità che si impadronissero di Kiev non venne, evidentemente, neppure presa in considerazione. A parte che le Panzerdivision erano intrinsecamente inadatte per combattere nelle strade di una città, e che erano troppo scarse e preziose per essere sprecate in operazioni di questo genere, vi era poi il fatto che i sovietici stavano facendo del loro meglio per trasformare Kiev in un campo trincerato. Esisteva già una milizia (opolchenie) forte di 29. 000 uomini, e si stavano erigendo linee fortificate per integrare quelle approntate all'inizio degli anni trenta, quando il confine con la Polonia si trovava vicino in modo assai preoccupante. Tentare di penetrare nella città con la forza sarebbe stata una manovra assolutamente svantaggiosa per Rundstedt, convinto come egli era che le città dovessero essere aggirate, non conquistate combattendo. A suo avviso la manovra migliore era quella di creare un pericolo di accerchiamento, in modo da costringere le forze sovietiche a ritirarsi nelle ampie steppe dove la maggiore mobilità tedesca avrebbe potuto manifestare tutta la propria efficacia. Comunicò quindi al 1ª Panzergruppe: " La possibilità di un colpo di mano contro Kiev può essere presa in considerazione soltanto qualora il comandante locale ritenga di dover sfruttare un'occasione favorevole ", in altre parole, entrare se l'entrata fosse stata agevole, ma in nessun altro caso. Il generale Mackensen sondò le difese con le sue Panzerdivision 13ª e 14ª, scopri che la cosa non sarebbe stata facile e, con decisione molto oculata, non prosegui nel tentativo.

Per terra, dunque, la guerra stava andando bene per la Germania; a rendere ancora più confortante il quadro, il 10 luglio i romeni cominciarono ad avanzare con la 11ª armata tedesca. La 9ª e la 12ª armata sovietica, che costituivano il contrapposto fronte meridionale, si trovavano già in una situazione un poco critica a seguito della ritirata delle grandi unità del fronte sud occidentale. Il 16 luglio Budénnij ordinò quindi al comandante del fronte meridionale, generale Tjulenev, di abbandonare le sue posizioni pericolosamente esposte sulla linea Kisinev Izmail e di concentrare le sue riserve a Uman'. La manovra non fu molto facile; la linea ferroviaria Zmerinka Odessa era già stata interrotta, e le condizioni atmosferiche erano decisamente sfavorevoli (in quasi tutti i giorni della prima parte di luglio si verificarono abbondanti precipitazioni che trasformarono le piste prive di massicciata che in quella regione fungevano da strade, in torrenti di fango). Ma, in un modo o nell'altro, fu portata a termine.

Poiché l'offensiva tedesco romena stava per minacciare Odessa, due delle divisioni della 9ª armata sovietica rimasta separata dal grosso delle forze del fronte meridionale furono affidate al tenente generale G. P. Sofronov, con la denominazione di " gruppo forze costiere " (che in seguito divenne: " armata costiera autonoma "). Furono messi a punto piani per trasformare Odessa in una " Tobruch del Mar Nero ", capace di resistere ad un assedio anche se completamente isolata dal fronte principale. Il 17 18 luglio lo STAVKA ordinò a Budénnij di attestarsi lungo una linea compresa tra Belaja Tzerkov e la foce del Dnestr, di fronte a Odessa, sperando di riuscire in tal modo a bloccare la minaccia di accerchiamento delle ali interne dei loro fronti sud occidentale e meridionale e di ripristinare la continuità della linea del fronte. Probabilmente le forze di Tjulenev a Uman' (leggermente più a nord del centro della nuova linea) avrebbero dovuto fungere da riserva di immediato impiego destinata a chiudere quei pericolosi varchi che si fossero eventualmente venuti a creare.

A questo punto, la pianificazione strategica tedesca cominciò a mostrare segni di " stanchezza ", ma per proseguire in modo logico l'esposizione degli eventi è ora necessario fare un passo indietro nel tempo, ritornando all'inizio di luglio.

A quel tempo, valutando le intenzioni dei tedeschi il comando supremo sovietico ritenne di poter concludere che il loro principale obiettivo era inevitabilmente rappresentato dalla città di Mosca. Esso aveva quindi deciso di concentrare il grosso delle proprie forze di fronte al gruppo di armate di centro, ritenendo che ciò non soltanto avrebbe assicurato un'adeguata protezione frontale per Mosca stessa, ma avrebbe anche limitato in due modi la possibilità che i tedeschi sferrassero grandi offensive a nord o a sud. Innanzi tutto questa disposizione avrebbe limitato le forze di cui i tedeschi avrebbero potuto disporre per offensive di questo genere costringendo il gruppo di armate di centro a trattenere ingenti forze nella parte centrale del fronte; in secondo luogo, qualsiasi tentativo tedesco di penetrare in profondità a nord o a sud avrebbe trovato a minacciarlo sul fianco interno un possente schieramento di forze sovietiche. A un'energica difesa si sarebbero quindi aggiunte controffensive dirette sui fianchi esposti delle forze tedesche e sui loro punti di congiunzione.

Se le truppe sovietiche fossero state in grado di attuarlo, si sarebbe trattato di un piano tutt'altro che irragionevole, tanto più che truppe tedesche avanzanti in Russia da occidente vengono a trovarsi, in effetti, nella situazione di chi esce dal collo di un imbuto: quanto più si spingono verso est, tanto più lungo diventa il fronte e tanto più ampi i varchi che si aprono tra le loro unità. Inoltre, poiché l'essenza della strategia tedesca consisteva nell'effettuare accerchiamenti in profondità gettando in avanti forze mobili, tra le Panzerdivision e le divisioni di fanteria motorizzata avanzanti ad una velocità di oltre 30 km l'ora, e le armate di fanteria avanzanti a piedi a non più di 5 km l'ora, si sarebbero inevitabilmente formati ampi varchi. Poiché nell'avanzata i tedeschi tendevano dunque a disperdere le proprie forze in una serie di punte avanzate e di assi di penetrazione, compito dello STAVKA sarebbe stato quello di separare le une dagli altri. Si trattava però di vedere se dopo aver superato la dura prova della " battaglia delle frontiere " i soldati dell'Armata rossa sarebbero ancora stati in grado di eseguire il compito loro affidato.

L'attacco sferrato il 10 luglio dalla 5ª e dalla 6ª armata sovietica era stato un tentativo di separare la punta avanzata del 1ª Panzergruppe dal " manico " rappresentato dalla 6ª armata tedesca. La 5ª armata sovietica aveva operato all'esterno del varco esistente tra i gruppi di armate di centro e sud tedeschi contro il fianco settentrionale dei Panzer di Kleist, mentre la 6ª armata sovietica avrebbe dovuto colpire il suo fianco meridionale. Anche se alla fine era fallita, l'operazione aveva fatto passare ai tedeschi alcuni momenti di ansia, e il suo fallimento non aveva annullato la minaccia rappresentata dalla 5ª armata sovietica, la quale si era limitata a ritirarsi sulle sue posizioni di partenza. Sul fronte orientale, incidenti di questo genere si erano verificati anche altrove: qua e là la resistenza era crollata con sbalorditiva subitaneità, ma in molti luoghi le formazioni dell'Armata rossa circondate si erano dimostrate decise ad aprirsi una via di scampo con feroce energia, subendo ma anche infliggendo pesanti perdite.

Abbiamo già visto come molti dei più alti generali dell'esercito tedesco compresi il comandante in capo (feldmaresciallo von Brauchitsch), il capo dello stato maggiore generale dell'esercito (colonnello generale Halder) e lo stesso Rundstedt fossero stati contrari all'idea di invadere la Russia, e come Hitler avesse accettato di modificare il proprio piano in modo tale che comportasse una rapida decisione della guerra distruggendo il grosso dell'Armata rossa prima che potesse ritirarsi al di là del Dnepr. Questa decisione sollevava grossi problemi. Essa imponeva il rapido accerchiamento di grandi forze nemiche. Ciò, a sua volta, significava grandi manovre di accerchiamento. Ma per effettuare accerchiamenti molto ampi si sarebbero dovuti inevitabilmente lasciare aperti lungo l'anello ampi varchi attraverso i quali buona parte dell'Armata rossa avrebbe potuto aprirsi con la forza una via d'uscita. Per effettuare accerchiamenti dell'ampiezza necessaria senza, lasciare aperti varchi di questo genere, si dovevano impiegare le forze corazzate dei due gruppi di armate (era questa la decisione che in precedenza Hitler aveva rimandato). In caso contrario i tedeschi avrebbero dovuto accontentarsi di effettuare accerchiamenti più modesti, ma ciò avrebbe significato lasciarsi sfuggire una parte cospicua dell'Armata rossa. Il fatto è che l'entità dell'impresa era superiore alle risorse della Germania; ma questo fatto non era ancora evidente.

Già l'8 luglio Hitler aveva manifestato il desiderio di vedere conquistata l'Ucraina prima di Mosca e Leningrado: quel giorno, infatti, aveva affermato che in ogni caso egli intendeva radere al suolo tanto Mosca quanto Leningrado cosa che a suo avviso sarebbe potuta esser fatta dall'aviazione, senza incidere sulle operazioni terrestri e che per il momento all'estremità meridionale del gruppo di armate di centro il 2ª Panzergruppe doveva continuare la sua avanzata verso est, in modo che la direttrice di Mosca fosse coperta qualora in seguito per il gruppo di armate di centro si fosse rivelato necessario piegare verso sud. Per il momento, Hitler differè dunque ogni decisione. Quello stesso giorno Halder gli presentò un rapporto molto ottimistico redatto dal servizio informazioni: secondo questo rapporto 89 delle 164 divisioni sovietiche di cui si conosceva l'esistenza erano già state distrutte, e delle rimanenti, 18 erano schierate su fronti secondari, di 11 non si sapeva nulla e solo 46 erano ancora in grado di combattere. Basandosi su questo rapporto Brauchitsch avanzò la seguente modesta proposta: sfruttare il successo riportato a Berdicev facendo convergere le unità corazzate di Kleist verso sud, nelle retrovie della 6ª e della 12ª armata sovietica, in modo da giungere a una " soluzione minore ". Hitler, invece, era dell'avviso di impadronirsi di Kiev e di avanzare giù lungo la riva occidentale del Dnepr, in modo da arrivare a una " grande soluzione ". Brauchitsch obiettò che ciò non sarebbe stato possibile a causa delle difficoltà connesse ai rifornimenti, e Hitler convenne che innanzi tutto si doveva accertare la consistenza delle forze russe che si trovavano a Kiev. E in quel settore, per il momento, si lasciò che la faccenda restasse nelle capaci mani di Rundstedt. Egli inviò Kleist a Kazatin, che cadde in mano tedesca il 15 luglio. Questa manovra interruppe la sola linea ferroviaria laterale di cui, per la sua vicinanza, poteva servirsi il fronte sud occidentale sovietico, e Budénnij cominciò a ritirarsi nell'ansa del Dnepr.

Ma l'importuna 5ª armata sovietica era ancora a Korosten', e la sua presenza continuava a offuscare l'allettante quadro formato da Kiev e dal carbone, dalle industrie e dall'agricoltura dell'Ucraina. In qualche modo la faccenda doveva essere sistemata, e il problema fu sottoposto a Hitler il 17 luglio.

Ne risultò la " Direttiva n. 33 ", dell'OKW del 19 luglio. Essa ordinava che dopo aver ultimato le operazioni a Smolensk il 2ª Panzergruppe e le unità di fanteria della 2ª armata tedesca piegassero verso sud est per distruggere la 21ª armata sovietica (che si trovava di fronte all'ala destra del gruppo di armate di centro) e quindi cooperassero con il gruppo di armate sud per distruggere la 5ª armata sovietica. Nel frattempo il gruppo di armate sud doveva sferrare un attacco concentrico sulle retrovie della 6ª e della 12ª armata sovietica e annientarle. Le restanti forze corazzate del gruppo di armate di centro (il 3ª Panzergruppe) dovevano dirigersi verso nord est per aiutare il gruppo di armate nord, lasciando che l'avanzata su Mosca fosse continuata dalle sole armate di fanteria del gruppo di armate di centro. Prendere questa decisione significava abbandonare l'idea di decisive operazioni contro il grosso delle forze sovietiche nel settore centrale del fronte. Il crollo dei loro compagni dei fronti nordoccidentale e sud occidentale avrebbe costretto i sovietici a continuare a ritirarsi, ma al centro i tedeschi non avrebbero più potuto intrappolarli in grandiose manovre di accerchiamento.

Due giorni dopo, nel corso della sua prima visita alle armate schierate a est, Hitler fece la sua comparsa al comando del gruppo di armate nord, dove espose parte del suo ragionamento. Era indispensabile impadronirsi quanto prima di Leningrado, in modo da arrestare le interferenze della squadra sovietica del Baltico nel trasporto via mare dei minerali di ferro svedesi in Germania. Il 3ª Panzergruppe doveva quindi cooperare con il gruppo di armate nord interrompendo la linea ferroviaria Leningrado Mosca al fine di ostacolare i movimenti di truppe sovietiche da o verso quel settore; questa missione doveva essere intrapresa non appena il 3ª Panzergruppe fosse disponibile, e cioè entro circa 5 giorni. Di Mosca non si curava: " Per me Mosca è soltanto un concetto geografico ". A causa della situazione generale e dell'" instabilità del carattere slavo ", la caduta di Leningrado avrebbe potuto provocare un completo crollo della resistenza sovietica. Il 23 luglio avvenne un altro incontro tra Hitler, Brauchitsch e Halder; nel corso di questa riunione Halder riferè che le forze dell'Armata rossa che in quel momento fronteggiavano le forze tedesche ammontavano a 93 divisioni, 13 delle quali corazzate.

A quanto pare, nessuno dei partecipanti all'incontro espresse il benché minimo commento sul f atto che nei 15 giorni seguiti al suo precedente rapporto 15 giorni nel corso dei quali la Wehrmacht, aveva combattuto duramente e riportato notevoli successi le forze sovietiche sembravano essere quasi raddoppiate. Ma, come appare dal diario dello stesso Halder, la tenacia della resistenza russa stava cominciando a suscitare una certa preoccupazione. Sebbene due giorni prima Hitler avesse parlato della possibilità di un imminente crollo russo, nella conversazione cominciò ad insinuarsi una nota di incertezza. Halder riferè che la capacità di combattimento delle divisioni di fanteria tedesche era pari all'80 %, ma che per le formazioni corazzate questa percentuale scendeva al 50 %, che il gruppo di armate sud avrebbe raggiunto il Dnepr verso la metà di agosto, che lungo la direttrice di Mosca ci si doveva attendere una resistenza durissima, e che le operazioni del gruppo di armate nord sembravano concludersi in un fallimento.

Hitler affermò allora con energia di ritenere che il nemico dovesse essere distrutto dovunque si riuscisse a trovarlo, ma espresse l'opinione che le formazioni corazzate avrebbero potuto entrare in scena soltanto in una fase successiva, quando le comunicazioni con le retrovie non avrebbero corso più alcun serio pericolo. L'inquietudine di Brauchitsch in merito ai più ambiziosi accerchiamenti aveva cominciato a trasmettersi al Führer; dopo un mese di combattimenti, cominciava ad apparire chiaro che la campagna di Russia sarebbe forse stata diversa dalle " manovre con munizioni autentiche " del 1939 e del 1940.

Quel giorno Hitler aveva emanato un supplemento alla " Direttiva n. 33 ", illustrando i futuri compiti delle forze tedesche impegnate sul fronte russo. Al gruppo di armate sud egli ordinò di attraversare il Don e di dirigersi verso il Caucaso dopo essersi impadronito della regione industriale di Charkov; missione, questa, che il gruppo di armate sud doveva ancora effettuare. Brauchitsch obiettò che, alla luce della situazione esistente sul fronte, le istruzioni contenute nel nuovo supplemento apparivano del tutto irrealizzabili, e chiese che esso fosse ritirato fino a che non fossero state concluse le operazioni in corso; poiché l'OKW rifiutò, egli sottopose la questione al Führer.

Hitler disse di non essere disposto ad aspettare di aver vinto la battaglia successiva prima di pensare a quella immediatamente seguente, ma approfittò dell'occasione per esporre le sue tesi in merito al modo in cui si sarebbe dovuta condurre una guerra di movimento ora che si era acquisita una certa esperienza di lotta contro l'Armata rossa: " Fino a quando il nemico resiste ostinatamente, è guidato da comandanti decisi ed ha a propria disposizione forze sufficienti per sferrare contrattacchi, non si devono intraprendere operazioni aventi obiettivi troppo ambiziosi. Le forze corazzate devono limitarsi ad effettuare piccoli accerchiamenti, dando in tal modo alla fanteria la possibilità di consolidare rapidamente il successo riportato, e liberando le stesse forze corazzate per nuove missioni ". In breve, anche se gli obiettivi dovevano restare grandiosi, i mezzi per conseguirli dovevano essere ridotti. Ma, anche se indubbiamente si dimostrò assennato nel tenere conto del rapporto di Halder secondo cui in un mese le forze corazzate erano state ridotte al 50%, degli effettivi con i quali erano partite, è altrettanto certo che Hitler avrebbe dovuto decidersi a ridurre proporzionalmente il numero degli obiettivi.

Brauchitsch e Halder se ne andarono di cattivo umore, e misero a punto una nota nella quale esponevano le loro opinioni. Attaccare Mosca con la sola fanteria sarebbe stato difficile ma non impossibile, purché non ci si attendessero pronti risultati; ma un'offensiva decisiva contro la capitale avrebbe richiesto l'impiego del 2ª e del 3ª Panzergruppe, entrambi però non sarebbero stati disponibili fino ai primi di settembre. Il piano di Hitler avrebbe quindi regalato al nemico un mese durante il quale esso avrebbe potuto raccogliere nuove forze ed erigere ed occupare nuove linee di difesa. Inoltre l'ingente raggruppamento di forze sovietiche di fronte a Mosca costituiva una minaccia per i fianchi degli altri gruppi di armate, costringendoli, fintantoché esso avesse continuato ad esistere, a disperdere proprie forze per proteggersi da suoi possibili contrattacchi. Per quanto poi riguardava l'idea di distruggere Mosca dal cielo, i dati a disposizione non consentivano di sperare che la Luftwaffe potesse quanto prima acquisire basi abbastanza vicine all'obiettivo da permettere di operare sulla scala necessaria.

L'OKH chiese ancora una volta che fossero riesaminati i compiti affidati al gruppo di armate di centro, pur ammettendo che potevano esistere fattori economici di importanza decisiva ad esso ignoti. Naturalmente l'OKH avrebbe fatto quanto gli era richiesto: ma esso nutriva profonde preoccupazioni in merito alle possibili conseguenze: era evidente che l'obiettivo dei sovietici era quello di sopravvivere fino all'inverno. Se vi fossero riusciti, la primavera successiva la Germania avrebbe dovuto fronteggiare un maggior numero di nuove armate e si sarebbe trovata coinvolta in quella guerra su due fronti che aveva sperato di evitare. Sicuramente, sosteneva l'OKH, la miglior soluzione sarebbe stata quella di attaccare Mosca. I sovietici avrebbero dovuto restare in quel settore a combattere, cosicché non vi sarebbe più stato il problema di una loro ulteriore fuga verso est. E vincendo quella battaglia la Germania si sarebbe impadronita della sede del governo, di un importante centro industriale e del cuore dell'intero sistema ferroviario russo. La Russia sarebbe stata tagliata in due. Un obiettivo tanto importante doveva avere la precedenza su operazioni più modeste aventi lo scopo di annientare alcune aliquote dell'Armata rossa. Anche se rispettosa, la nota era ferma e stringente, esponendo in termini chiari ed efficaci il problema e la soluzione proposta. Il generale Jodl tentò di rafforzare addirittura il ragionamento rilevando che, poiché i sovietici sarebbero stati costretti a difenderla, un attacco contro Mosca non sarebbe stato altro che un'espressione concreta dell'affermazione dello stesso Führer secondo cui le " forze vive " del nemico dovevano essere attaccate ovunque fosse possibile trovarle.

Ma la nota non fu mai inoltrata mentre ancora l'alto comando tedesco stava discutendo, il maresciallo Timoscenko scagliò numerose armate appena costituite in una controffensiva nel settore centrale, tentando di liberare le forze circondate nella grande sacca di Smolensk. Per l'immediato futuro ogni elucubrazione a proposito di Mosca. Kiev e Leningrado dovette essere messa da parte, e la rapida improvvisazione divenne l'elemento all'ordine del giorno.

Gli attacchi russi fallirono il loro obiettivo immediato: strappare l'iniziativa al gruppo di armate di centro e liberare dalla trappola la loro 16ª e la 20ª armata. I russi non erano adeguatamente preparati, e dimostravano ancora una eccessiva tendenza ad attaccare frontalmente con nuove forze impegnate in modo frammentario, cosa probabilmente dovuta al fatto che, non sapendo valutare l'attuale stato di stanchezza delle truppe tedesche, Timoscenko era indotto a sopravvalutare il pericolo immediato che incombeva su Mosca. Ma bastarono la prontezza ad attaccare dimostrata dai russi e la comparsa di un gran numero di nuove divisioni ad intensificare ancora di più le divergenze di opinione in seno all'alto comando tedesco e, quindi, a provocare un'ulteriore dispersione degli sforzi.

Il primo frutto dell'affrettata controffensiva sovietica fu una riunione dei comandanti d'armata del gruppo di armate di centro tedesco, a Novy Borisov il 27 luglio. Guderian arrivò prevedendo di sentirsi ordinare di continuare la corsa verso Mosca o, almeno, verso Brjansk ma si trovò invece di fronte un no di Brauchitsch che escludeva esplicitamente ambedue queste possibilità, asserendo che l'assoluta priorità era stata assegnata alla distruzione delle forze sovietiche " nell'area di Gomel ", in altre parole, della 5ª armata sovietica. Ancora una volta, grazie al solo fatto di esistere e di trovarsi alle spalle del grosso delle forze tedesche, la 5ª armata aveva costretto il nemico a voltarsi indietro, distogliendone l'attenzione dalle allettanti prospettive che si schiudevano davanti ad esso.

Guderian rimase sbalordito. Ecco cosa capitava all'uomo che con i suoi studi e il suo lavoro aveva dato alla Germania quelle forze con le quali egli stesso aveva già conquistato grossa parte d'Europa: gli si chiedeva di tornare sui suoi passi, di " avanzare " a ritroso verso la Germania per eliminare forze che da lungo tempo si era lasciato alle spalle e che riteneva dovessero essere liquidate dalla fanteria. Naturalmente Brauchitsch non stava facendo altro che tenere conto dei dubbi che Hitler aveva manifestato a proposito dei piani di accerchiamento troppo ambiziosi ma Guderian non sapeva nulla di tutto ciò, eccettuati quei pochi e frammentari elementi che riusciva a raccogliere tra gli ufficiali del comando del gruppo di armate. Di questi, l'uomo che egli sapeva essere il meno entusiasta delle sue " ondate " corazzate era il feldmaresciallo von Kluge, comandante della 4ª armata di cui Guderian era un subordinato difficile e riluttante era dunque improbabile che Guderian potesse rendersi conto di tutta la portata del dibattito, o di tutti i fattori di cui esso doveva tenere conto; quel che è certo è che egli lasciò la riunione in uno stato d'animo di orgoglio ferito, solo in parte mitigato dal fatto che il 2ª Panzergruppe era stato ribattezzato " gruppo di armate Guderian " e posto agli ordini non più di Kluge ma del comandante in capo del gruppo di armate di centro, feldmaresciallo von Bock.

Non più ostacolato dai freni impostigli da Kluge uomo piuttosto infido, noto nell'esercito come " Kluge Hans " (Hans l'astuto) e certo non tale da suscitare sentimenti di lealtà nei suoi colleghi Guderian sfruttò la sua nuova libertà per distorcere e consapevolmente fraintendere le direttive che gli erano state date a Novy Borisov. Egli era convinto che la più grave minaccia per il gruppo di armate di centro fosse costituita non già dalla 5ª armata sovietica che si trovava nelle sue lontane retrovie, quanto piuttosto dalle forze che si stavano raccogliendo sul suo fianco destro a nord di Roslavl, e continuò a crederlo " indipendentemente da qualsiasi decisione Hitler possa ora prendere ".

La minaccia avvertita da Guderian prese la forma di un raggruppamento denominato dallo STAVKA " gruppo di forze della 28ª armata ", posto al comando del tenente generale Kacialov, e messo insieme per contribuire a liberare le forze sovietiche circondate a Smolensk. Guderian spiegò a Bock che Roslavl' doveva essere occupata, facendo rilevare che il controllo della città avrebbe permesso di dominare le strade dirette verso est, sud e sud ovest, Bock accettò il punto di vista di Guderian e gli assegnò altre forze (le quattro divisioni del VII corpo d'armata). A sostituire le Panzerdivision ritirate dallo sperone di El'nja per essere impiegate nell'operazione di Roslavl, fu destinato il XX corpo d'armata (due divisioni). A Guderian fu inoltre assegnata una divisione di cavalleria.

I preparativi richiesero alcuni giorni, e durante questo periodo Guderian ricevette numerose visite. Il 29 luglio arrivò l'aiutante di campo di Hitler colonnello Schmundt venuto per discutere i suoi piani. Guderian sfruttò l'occasione favorevole per sollecitare un colpo diretto contro Mosca e, addirittura, per avanzare la richiesta di nuovi carri armati e motori per carri armati. Il 31, l'ufficiale di collegamento dell'OKH, maggiore von Bredow, fece questa affermazione: " L'OKH e il capo dello stato maggiore generale sono impegnati in un'impresa ingrata, dato che la condotta di tutte le operazioni è controllata al livello più elevato.

Non si sono ancora prese decisioni definitive in merito al futuro andamento degli eventi ". In termini più espliciti, si trattava di una lagnanza per le interferenze di Hitler e di un tacito invito a Guderian ad influire sulle decisioni non ancora prese agendo, per il presente e l'immediato futuro, di sua iniziativa.

L'attacco contro Roslavl fu lanciato il 1 agosto. Il giorno 3 la città fu in mano tedesca, con 38.000 prigionieri e 200 cannoni catturati; l'8 agosto ogni forma di resistenza era cessata. Si era trattato di una brillante e rapida vittoria, ma il fatto stesso che essa fosse stata cosi facile e che il numero di cannoni catturati fosse esiguo avrebbe dovuto dimostrare a Guderian che la sua era stata una decisione errata.

Le forze che aveva sconfitto non erano state certo poste li per costituire una grave minaccia. Era piuttosto una formazione eterogenea messa insieme in tutta fretta, nulla più di tre divisioni e di alcune unità di appoggio un contingente davvero esiguo considerati i livelli organici delle grandi unità del fronte orientale , ma né Guderian né alcun altro generale tedesco ha fino ad ora messo in rilievo questo aspetto della diversione di Roslavl.

Erano già trascorsi 11 giorni da quando era stata presa la decisione di eliminare la 5ª armata sovietica e non se ne era ancora fatto nulla. Neppure la conclusione della battaglia di Smolensk che aveva significato la completa eliminazione della 16ª armata e del XXIII corpo d'armata motorizzato sovietico, nonché di parte della 19ª e della 20ª armata, 300.000 prigionieri, 3.200 carri armati e 3.100 cannoni catturati si poteva ritenere compensasse questo fallimento.

Né l'episodio di Roslavl aveva contribuito ad alleviare il compito del gruppo di armate sud. Tutto ciò che aveva fatto era stato di mantenere aperta l'opzione Mosca, ponendo il 2ª Panzergruppe in posizione molto avanzata. Restano ora da considerare i suoi effetti sulla battaglia per l'Ucraina della riva destra.

Hitler aveva ordinato di chiudere la sacca di Uman' il 24 luglio. Pur avendo sperato in qualcosa di più ambizioso e precisamente nella possibilità di accerchiare Kiev dal sud con un corpo d'armata, lanciando gli altri due attraverso le retrovie dei fronti sud occidentale e meridionale sovietici Kleist si attenne alla direttiva, apparentemente senza protestare. Il 30 luglio il 1ª Panzergruppe colpi a fondo le colonne dell'Armata rossa che si stavano ritirando dalla sacca, deviò verso sud ovest ed il 3 agosto si ricongiunse con le unità avanzate della 17ª armata del colonnello generale von Stúlpnagel in prossimità di Pervomajsk, accerchiando due armate sovietiche (la 6ª e la 12ª ) e parte di un'altra (la 18ª), un totale di 15 divisioni di fanteria e di 5 divisioni corazzate. Anche se alcune formazioni sovietiche riuscirono ad aprirsi combattendo una via di scampo, nella sacca la resistenza terminò l'8 agosto. I tedeschi catturarono circa 100.000 uomini (compresi i comandanti delle due armate accerchiate, i generali Muzjcenko e Ponedelin), 317 carri armati e 1.100 cannoni.

All'estremità meridionale del fronte, dove il maggiore peso delle operazioni doveva essere sopportato dalla 3ª e dalla 4ª armata romena, in una prima fase le cose si svilupparono più lentamente, e quei progressi che erano conseguiti erano frutto non soltanto di effettivi combattimenti, ma anche, e forse in uguale misura, di deliberati ripiegamenti sovietici. Tuttavia il ripiegamento di forze sovietiche nella sacca di Uman' assottigliò moltissimo il fronte meridionale sovietico, cosicché verso l'inizio di agosto Odessa divenne accessibile soltanto via mare. La 4ª armata romena arrestò la propria marcia per attaccare la città il 5 agosto, lasciando all'armata tedesca il compito di continuare l'avanzata verso est; con il disastro di Uman' e l'inizio dell'assedio di Odessa (destinato a durare 73 giorni), il comando supremo sovietico non poté più illudersi che la situazione sul fronte sud occidentale fosse sotto controllo.

Nell'area cominciarono pertanto ad affluire riserve sovietiche. Ma lo STAVKA stava già cominciando a trarre gli opportuni insegnamenti dagli errori commessi in precedenza. Questa volta non si sarebbero più impegnate in modo frammentario ed in attacchi frontali divisioni semiaddestrate. Le nuove divisioni (10 sul fronte sud occidentale, 12 sul fronte meridionale e 2 nella riserva) vennero quasi tutte adibite alla preparazione di linee di difesa lungo la riva orientale del Dnepr e a contribuire alla rimozione delle attrezzature industriali. Ad ovest del Dnepr si sarebbe effettuata soltanto un'attività volta a rallentare l'avanzata nemica, in modo da guadagnare tempo per la rimozione o la distruzione degli impianti industriali. L'Armata rossa poteva già direttamente e dolorosamente rendersi conto del contributo che l'apparato industriale dell'Europa occidentale stava fornendo allo sforzo bellico tedesco, ed i suoi capi erano decisi ad impedire che la Germania ricavasse analoghi vantaggi dalle industrie sovietiche cadute in sue mani. Ciò che si poteva rimuovere sarebbe stato rimesso in funzione negli Urali o in Siberia; ed anche ciò che finiva con l'arrugginire sui binari morti delle linee ferroviarie o addirittura nei campi (e questo fu il destino di molto materiale), almeno non sarebbe stato sfruttato dal nemico per uccidere i suoi veri proprietari. Ciò che non si poteva rimuovere era distrutto. Ed anche se poi i tedeschi avessero riparato (come in effetti fecero) il materiale danneggiato, il tempo durante il quale esso sarebbe rimasto fuori uso sarebbe comunque stato, di per sé, un prezioso vantaggio.

Per quanto poi riguardava l'Armata rossa, non avrebbe più dovuto accadere che formazioni circondate si arrendessero in massa. Il capo del Direttorato per la propaganda politica (commissario dell'esercito di primo rango L. Z. Mechlis) emanò due direttive. Una ordinava ai commissari politici di porre l'accento sul fatto che le unità circondate dovevano o aprirsi una via di scampo combattendo o, qualora ciò si fosse dimostrato impossibile, operare contro le retrovie nemiche il più a lungo possibile. L'altra direttiva esortava i membri del partito comunista e della lega della gioventù comunista a dare il buon esempio e a fornire un'adeguata leadership. Stalin, ancora convinto che non ci si potesse aspettare che militari di carriera si impegnassero a fondo in quanto stavano facendo, aveva riportato i commissari politici delle forze armate in una posizione di eguaglianza con i comandanti delle loro unità, rendendoli in effetti responsabili della fidatezza dei militari di carriera.

Intanto anche Hitler aveva i suoi guai con i generali; specialmente con quelli del gruppo di armate di centro, sui quali Mosca continuava a esercitare un'attrazione fatale. Il 4 agosto egli giunse a Novy Borisov per tenere una " riunione " piuttosto insolita: anziché lasciarsi influenzare dall'atteggiamento solidale dei militari, Hitler preferè avere colloqui separati con i comandanti dell'esercito, cominciando con il rappresentante di Halder, colonnello Heusinger, e continuando poi con Bock, Guderian e Hoth.

Tutti furono unanimi nel raccomandare un'avanzata su Mosca, ma mentre Bock sostenne di essere pronto ad avviare immediatamente l'operazione, ambedue i comandanti delle sue formazioni corazzate ammisero che le cose non stavano in questi termini.

Guderian non sarebbe stato pronto prima del 15 agosto e Hoth avrebbe avuto bisogno di cinque giorni più di lui: ambedue posero l'accento sul loro fabbisogno di nuovi motori per carri armati. Anche se con riluttanza, Hitler ne promise 300 per l'intero fronte orientale; con ragione Guderian giudicò del tutto inadeguato questo contributo, ma Hitler non solo fu irremovibile su questo punto, ma rifiutò anche di fornire nuovi carri armati, sostenendo di averne bisogno per equipaggiare le nuove formazioni corazzate che si stavano costituendo in Germania. Guderian ribadè la necessità di compensare le perdite subite dalle formazioni corazzate, facendo rilevare che, nonostante le sue perdite, per quanto riguardava i carri armati l'Armata rossa continuava a godere di una certa superiorità numerica. A quel punto Hitler dichiarò che se nel 1937 avesse prestato fede alla valutazione che Guderian dava del potenziale sovietico in termini di carri armati, non avrebbe neppure intrapreso quella guerra; dichiarazione davvero straordinaria, se considerata nel contesto del suo rifiuto di fornire più carri armati.

Guderian se ne andò deciso a preparare l'attacco su Mosca, qualunque cosa Hitler potesse avere in mente; Hitler, a sua volta, tornò al suo comando di Rastenburg nella Prussia orientale ormai sicuro di essere assai poco popolare tra i comandanti del gruppo di armate di centro. Egli non sapeva però che un gruppo di ufficiali dello stato maggiore di Bock aveva addirittura progettato di arrestarlo e deporlo nel corso della sua visita; il piano aveva però dovuto essere annullato. Gli animatori del fallito complotto erano ufficiali molto vicini allo stesso Bock (uno, Fabian von Schlabrendorff era aiutante di campo di Bock; due anni dopo egli avrebbe effettuato un altro tentativo anch'esso infruttuoso mettendo a bordo dell'aereo di Hitler una bomba inglese che però non esplose), ed è senz'altro possibile che Bock fosse a conoscenza del complotto.

L'osservazione fatta a Guderian in merito al potenziale dell'Armata rossa in termini di carri armati dimostrò che, nonostante i successi fino a quel momento riportati, Hitler cominciava a nutrire dei dubbi. Molti dei suoi generali davano ormai segni di preoccupazione di fronte alla resistenza opposta dall'Armata rossa. Come dimostrano le lettere scritte ai familiari, gli stessi soldati cominciavano a sentirsi piuttosto inquieti di fronte a quelle pianure sterminate e al fatto che, indipendentemente dal numero dei russi uccisi o catturati, il giorno seguente l'Armata rossa era ancora in vita e, a quanto pareva, più vigorosa che mai. Anche se i maggiori successi dovevano forse ancora venire, nel complesso la situazione non era cosi allegra come si sarebbe potuto pensare osservando le grosse frecce segnate sulle carte e gli elenchi degli uomini e dei materiali catturati.

Ormai era diventata una questione di nervi. L'OKH era scontento ma continuava ad obbedire; il gruppo di armate di centro, abbagliato da Mosca, stava chiaramente sabotando le direttive ricevute dall'OKH; Guderian, infine, tentava ostinatamente di mantenere i suoi Panzer in posizioni tali da consentire loro una pronta ripresa della marcia verso est. Ma mentre egli si comportava in questo modo, quasi tutte le unità del 3ª Panzergruppe si stavano frettolosamente trasferendo, conformemente agli ordini ricevuti, per recarsi a dar man forte al gruppo di armate nord nella sua operazione contro Leningrado: a quanto pareva il suo comandante, Hoth, era il solo alto ufficiale del gruppo di armate di centro convinto che la cosa migliore fosse fare quanto gli veniva detto.

Il risultato complessivo fu una dispersione di sforzi e di energie che non favorè certo il raggiungimento di alcuno degli obiettivi. Mentre Guderian trovava sempre delle ragioni per spiegare la sua decisione di non indietreggiare fino a Gomel per sistemare la 5ª armata sovietica, e presentava piani inaccettabili relativi alla conquista di Mosca, il gruppo di armate sud continuava ad essere bloccato di fronte a Kiev. Il comandante in capo della 6ª armata tedesca (Reichenau) lanciò ancora una volta uno sguardo alle sue spalle in direzione delle paludi del Pripet, accorgendosi cosè che tra lui e la 2ª armata del gruppo di armate di centro vi era un varco di quasi 250 km. Un centinaio di chilometri di questo varco erano coperti da una sola divisione (la 56ª di fanteria), mentre di fronte ad esse si trovavano numerose divisioni della 5ª armata sovietica. Gli ordini di Reichenau erano di avanzare sferrando un attacco diretto contro Kiev, ma date le circostanze egli sottopose le proprie fondate obiezioni a Rundstedt. Poiché l'OKH rifiutò di impegnarsi nell'uno o nell'altro senso, il 9 agosto Rundstedt annullò il piano dell'offensiva nel settore Kiev Korosten', e la 6ª armata si mise in posizione difensiva, senza essere riuscita a raggiungere il suo principale obiettivo operativo: la conquista di Kiev.

L'analisi della situazione effettuata quella sera stessa dall'OKW si concluse con il raggiungimento di una difficile soluzione di compromesso che avrebbe dovuto tranquillizzare la " fazione di Mosca " senza peraltro cedere alle sue richieste. Si convenne che il grosso delle forze nemiche era schierato di fronte al gruppo di armate di centro e che l'obiettivo più importante era la distruzione di queste forze e l'occupazione di Mosca; ma si convenne anche che le forze che fronteggiavano gli altri due gruppi di armate costituivano una minaccia ai fianchi del gruppo di armate di centro. L'attacco decisivo contro Mosca doveva essere preceduto da operazioni con obiettivi limitati contro le forze russe schierate a nord e a sud. Nell'ipotesi che la distruzione di queste forze avrebbe richiesto due settimane, una offensiva generale contro Mosca, con armate di fanteria al centro ed un Panzergruppe su ciascun fianco, avrebbe potuto scattare alla fine di agosto. Il nemico sarebbe stato costretto a combattere con formazioni appena costituite e solo parzialmente addestrate, su di una linea difensiva incompleta estendendosi approssimativamente da Rzév a Brjansk per Vjazma. Se questo piano fosse stato adottato, nell'immediato futuro i gruppi di armate nord e sud avrebbero dovuto fare i conti con il nemico senza poter fare assegnamento sulla collaborazione del gruppo di armate di centro, anche se con l'assoluta garanzia che subito dopo aver sfondato le difese sovietiche ed intrapreso l'inseguimento, quest'ultimo avrebbe potuto distaccare alcune sue unità ed inviarle a dar man forte agli altri due gruppi di armate.

Per quanto riguarda il gruppo di armate sud, la sua 17ª armata, al momento disponibile, doveva essere impiegata per forzare la linea del Dnepr tra Kiev e Kremenciug, in modo da spezzare in vari tronconi le grosse formazioni sovietiche in fase di costituzione sulla riva orientale. Forzata la linea del Dnepr, parte del gruppo di armate sud doveva piegare verso nord portandosi nelle retrovie della 5ª armata sovietica, e sistemarla una volta per tutte.

Il 12 agosto Hitler sottolineò nuovamente che condizione preliminare per ogni operazione futura era distruggere innanzi tutto le forze nemiche che si trovavano sui fianchi, in particolare quelle schierate lungo il fianco destro del gruppo di armate di centro, quelle cioè che costituivano il fronte sovietico sud occidentale. Quello stesso giorno Budénnij e Krusciov scrissero a Stalin in termini piuttosto preoccupati. Avevano osservato che la 2ª armata tedesca e i Panzer di Guderian si stavano progressivamente avvicinando a Gomel' e Starodub, ed erano giunti alla conclusione che loro obiettivo fosse quello di scendere con grande rapidità dietro il fronte sud occidentale ed isolarlo.

Tuttavia lo stesso STAVKA non era meno ipnotizzato da Mosca di quanto lo fosse il gruppo di armate di centro. Esso valutò che l'obiettivo della manovra che preoccupava Budénnij e Krusciov doveva essere quello di sfruttare l'ampio varco apertosi tra il fronte della riserva ed il fronte centrale e che i tedeschi avrebbero piegato verso est per attraversarlo, sfondare a Brjansk ed aggirare Mosca dal sud. Budénnij aveva chiesto il permesso di ritirare la 5ª, armata ed il XXVII corpo d'armata autonomo dalla regione fortificata di Korosten' e di formare con le due formazioni un fronte più a nord, in modo da bloccare l'avanzata tedesca attraverso le retrovie del suo fronte sud occidentale. Lo STAVKA respinse la richiesta e gli ordinò invece di formare il fronte di Brjansk, in una prima fase con il solo compito di colmare il varco tra i fronti centrale e della riserva e prevenire uno sfondamento tedesco in direzione di Mosca.

Alla luce delle informazioni di cui in quel momento disponeva, non si può dire che la decisione dello STAVKA fosse irragionevole: come abbiamo già detto, Guderian tentò fino all'ultimo di mantenere aperta l'opzione Mosca ed Hitler non l'aveva ancora del tutto scartata. Inoltre la 5ª armata sovietica stava in effetti svolgendo una funzione molto importante, semplicemente per il fatto di insidiare le retrovie tedesche; ritirarla sul Desna, come voleva Budénnij, avrebbe significato liberare l'OKH ed il gruppo di armate sud di uno dei loro più fastidiosi grattacapi, e questo era senz'altro un motivo sufficiente per lasciarla dove si trovava in quel momento. Ma la decisione, per quanto ragionevole potesse apparire in quel momento, alla fine si rivelò un errore disastroso. Infatti i tedeschi stavano finalmente prendendo una decisione sul da farsi. E la previsione dello STAVKA che l'obiettivo sarebbe stato Mosca era sbagliata.

Il 15 agosto Hitler abbandonò la pretesa che il gruppo di armate di centro potesse continuare la sua offensiva verso Mosca con la sola fanteria, in quanto, forse, si era reso conto della misura in cui i suoi generali stavano abusando di quella concessione. Egli ordinò pertanto il completo arresto dell'avanzata su Mosca: il gruppo di armate di centro doveva organizzare uno schieramento difensivo che i sovietici non potessero circondare, che potesse essere tenuto senza un massiccio appoggio aereo e che fosse abbastanza " economico " nell'impiego della fanteria. Tre giorni dopo Brauchitsch fece un ultimo disperato tentativo a favore dell'operazione Mosca. Egli rilevò che nel settore di Mosca si poteva prevedere che l'inverno arrivasse verso la metà di ottobre, cinque settimane prima che in Ucraina, e sostenne che una concentrazione dello sforzo bellico su Mosca ne avrebbe reso possibile la conquista prima del peggioramento delle condizioni atmosferiche, liberando in tal modo forze che avrebbero potuto essere poi impiegate nel sud, dove la stagione adatta allo svolgimento di operazioni militari era più lunga.

Ma Hitler respinse energicamente le tesi di Brauchitsch esponendo invece le sue. Egli ripeté che le colonne corazzate, distanziando la fanteria ed operando in modo eccessivamente autonomo, avevano realizzato accerchiamenti soltanto parziali dai quali un gran numero di nemici era potuto fuggire. Il rigetto delle proposte dell'OKW per un'operazione diretta contro Mosca assunse veste ufficiale di direttiva. il 21 agosto: tale direttiva esponeva, in termini chiari ed inequivocabili, gli obiettivi che avrebbero dovuto essere raggiunti prima dell'inizio dell'inverno.

Date le note convinzioni di Hitler, la direttiva non conteneva elementi sostanzialmente nuovi o sorprendenti; ma questa volta non esistevano scappatoie che i generali del gruppo di armate di centro potessero sfruttare. La direttiva dichiarava che l'occupazione di Mosca prima dell'inverno non costituiva un obiettivo principale. Nel sud, la priorità era assegnata all'occupazione della Crimea e della zona industriale e carbonifera del bacino del Donetz, nonché all'interruzione delle direttrici lungo le quali il petrolio del Caucaso giungeva in Russia. Al nord, gli obiettivi più importanti erano l'attacco contro Leningrado e il ricongiungimento con le truppe finlandesi. Per quanto riguardava il gruppo di armate di centro, esso doveva collaborare con il gruppo di armate sud in un'operazione concentrica contro la 5ª armata sovietica, avendo come obiettivo non tanto quello di ricacciarla al di là del Dnepr, ma di distruggerla, in modo da dare al gruppo di armate sud la necessaria sicurezza per lo svolgimento delle sue ulteriori operazioni al di là del Dnepr e nel bacino del Donetz.

L'occupazione della Crimea era di estrema importanza per salvaguardare le forniture di petrolio provenienti dalla Romania. Questa era dunque la decisione vitale. L'idea di un'effettiva conquista di Leningrado fu tacitamente accantonata cosa non sorprendente, se si tiene conto che l'offensiva del gruppo di armate nord si era ormai arrestata e quella di un attacco contro Mosca del tutto eliminata. Ora si trattava di sistemare una volta per tutte la 5ª armata sovietica; in seguito lo sforzo bellico avrebbe dovuto essere concentrato in Ucraina. Nulla poteva essere più chiaro di cosi.

Eppure vi sarebbe stato ancora un ultimo tentativo di mantenere in vita l'operazione Mosca. Il 23 agosto, nel corso di una conferenza presso il comando del gruppo di armata di centro, Halder illustrò le linee generali della direttiva. Si svolse poi una lunga discussione in merito ai modi in cui sarebbe forse stato possibile convincere il Führer a cambiare idea, ed infine si decise che Guderian si recasse al comando di Hitler con Halder. I due ufficiali partirono quello stesso pomeriggio, atterrando a Lótzen all'imbrunire.

Guderian si presentò immediatamente a Brauchitsch il quale gli proibè categoricamente di riaprire la questione di Mosca con Hitler. Ma ormai nessuno sarebbe riuscito a fermare Guderian, che nello svolgere il proprio rapporto in merito allo stato del suo Panzergruppe cercò di portare la conversazione su quell'argomento, facendo si che fosse lo stesso Hitler ad affrontarlo. Il generale ripeté tutte le vecchie tesi a favore di un attacco contro la capitale sovietica, aggiungendo che le truppe lo stavano aspettando ed erano adeguatamente preparate. Il gruppo di armate di centro era pronto nel punto giusto, ed una lunga diversione a sud avrebbe avuto gravi conseguenze in termini di logorio ed avrebbe provocato una perdita di tempo.

Hitler lo ascoltò senza ribattere ad alcuna delle sue affermazioni. Ma Hitler non si lasciò smuovere; l'offensiva contro Mosca era assolutamente esclusa fino a quando non fossero state felicemente concluse le operazioni nel settore meridionale. Guderian si piegò all'inevitabile e suggerè che tutto il suo Panzergruppe, anziché una parte, venisse impegnato nell'operazione meridionale per meglio assicurarne il successo. Hitler si dichiarò d'accordo e Guderian tornò subito al gruppo d'armate di centro. La mattina seguente egli comunicò la notizia a Halder; ne segui uno scontro. Questo comunque non contava. Non vi sarebbe più stata alcuna discussione. La parola d'ordine doveva essere Kiev, e la sola cosa che restava da vedere era, se l'Armata rossa sarebbe riuscita a sfuggire al pericolo che minacciava le sue forze a sud.

Abbiamo già visto che il consiglio militare del fronte sud occidentale sovietico aveva cominciato ad essere nei guai già il 12 agosto. Il 18 il generale Zukov, già capo dello stato maggiore generale, vincitore dei giapponesi in Mongolia nel 1939 ed ora comandante del fronte della riserva di fronte a Mosca, notò che le formazioni tedesche che lo fronteggiavano erano diventate meno attive. Scoprendo che ciò stava verificandosi anche sull'adiacente fronte centrale, egli cominciò a chiedersi quale mai ne fosse la ragione. La decisione di Hitler di arrestare l'avanzata su Mosca era già stata presa da tre giorni, ma non era ancora stata promulgata sotto forma di direttiva era possibile che i comandanti delle armate di fanteria avessero avuto sentore della cosa attraverso i canali non ufficiali ed avessero quindi deciso di attenuare la tensione senza aspettare i nuovi ordini ufficiali. Inoltre già da alcuni giorni parte della formazione di Guderian stava effettuando sondaggi intorno a Starodub.

Comunque Zukov si trovava in realtà di fronte una situazione fluida, e le informazioni di cui disponeva erano incomplete. Ma ciò non gli importava molto: la sua successiva carriera avrebbe dimostrato quanto straordinaria fosse la sua capacità di leggere nel pensiero dei tedeschi; ed è soprattutto grazie alla sua abilità nel prevedere ciò che i tedeschi stavano per fare e nel disporre le proprie unità in modo opportuno, che egli sarebbe poi diventato il più capace e famoso dei generali sovietici.

In quella situazione però egli non aveva certo l'autorità di dire ciò che lo STAVKA doveva fare. Egli doveva limitarsi ad ammonire e suggerire. Il 18 agosto scrisse dunque allo STAVKA dicendo di aver l'impressione che i tedeschi stessero raggruppandosi per un'offensiva verso sud alle spalle di Kiev e nelle retrovie del fronte sud occidentale, e suggerendo di costituire nel settore di Brjansk un possente schieramento che attaccasse il fianco di Guderian quando questi gli fosse passato di fronte. Lo STAVKA gli rispose, accettando come fondata la sua valutazione, e asserendo di avere già previsto quel pericolo e di avere per questa ragione costituito, pochi giorni prima, il fronte di Brjansk.

Il 19 agosto, e cioè con notevole ritardo lo STAVKA accolse la richiesta avanzata da Budénnij, accordandogli il permesso di ritirare tutte le sue forze al di là del Dnepr, ed ordinando soltanto che la 37ª armata restasse a Kiev. Dopo il ripiegamento queste forze (la 5ª armata ed una nuova, la 40ª armata formata con i resti di altre) dovevano schierarsi verso nord, difendendo Cernigov, Konotop e Charkov. Fino a quel momento, le cose stavano dunque muovendosi nella direzione giusta: le intenzioni nemiche erano state indovinate ancora prima che i tedeschi dessero loro una veste definitiva, ed erano state prese disposizioni per fronteggiare Guderian sia frontalmente che sul suo fianco sinistro. Ma ciò significava anche che Budennij non aveva più cartucce da sparare; le sue unità, reduci da durissimi combattimenti, erano stanche, ed egli non aveva più riserve disponibili per il fronte sud occidentale. Ogni cosa veniva dunque a dipendere da Erémenko.

Il 24 agosto Stalin parlò per telefono con Erémenko, offrendogli altre due brigate e numerosi battaglioni carri, alcune batterie di razzi Katjuscia e numerose brigate di forze aeree a patto che promettesse di battere di Guderian . Egli offri anche un'altra armata (la 21ª) formata con i resti della 3ª e della 21ª armata del fronte centrale e Erémenko accettò anche questo. A questo punto entrò in scena il capo dello stato maggiore generale, maresciallo Sciaposcnikov: egli riportò a galla la primitiva idea dello STAVKA secondo cui poteva darsi che Guderian intendesse compiere un angolo retto e passare a nord di Brjansk, puntando su Mosca. Cosi facendo egli introdusse un fatale elemento di ambiguità nelle istruzioni impartite a Erémenko, ventilando la possibilità che il fronte di Brjansk potesse alla fine essere tagliato fuori senza aver compiuto né la missione per cui era stato concepito né quella affidatagli in un secondo tempo. Nel tentativo di tenere conto di ambedue queste possibilità, Erémenko tenne indietro la sua formazione più forte (la 50ª armata) per proteggere le direttrici di accesso a Mosca, ed essa non prese minimamente parte al tentativo di fermare Guderian. L'ansiosa cautela di Sciaposcnikov pregiudicò cosi il successo della controffensiva una settimana prima che essa iniziasse.

Comunque, le forze di cui Erémenko disponeva per la sua offensiva verso ovest erano formidabili. Il fronte centrale era stato disciolto il 25 agosto, e le forze erano state poste ai suoi ordini. Egli aveva quindi due armate (la 13ª e la 21ª), più l'intera riserva di aerei dell'alto comando e le unità di appoggio aereo dei fronti centrale e della riserva che andavano ad aggiungersi a quelle del suo fronte. Lo STAVKA avrebbe potuto fare ben poco di più. Neppure esso disponeva più di riserve. L'offensiva sovietica scattò il 30 agosto, quando le truppe di Etémenko si spinsero in avanti per colpire la formazione fiancheggiante di Guderian, il XLVII corpo d'armata motorizzato.

Nonostante tutti i loro sforzi, i russi suscitarono ben poca impressione, e più a nord e a ovest la 2ª armata tedesca cominciò a ricacciare indietro la 21ª armata di Erémenko. La 21ª arretrò fino a raggiungere la piccola e frettolosamente costituita 40ª armata del fronte sud occidentale, la quale ben preso cedette e cominciò a ritirarsi verso sud est. In tal modo la 21ª armata si trovò quasi subito completamente isolata dal resto del fronte di Brjansk, dopo che il nemico aveva effettuato in essa profonde penetrazioni su ambedue i fianchi, da parte della 2ª armata tedesca a ovest e dei Panzer di Guderian a est. Avendo perso completamente i contatti con l'alto comando, e con le truppe tedesche che si infiltravano attraverso i varchi aperti su ambedue i suoi fianchi, essa cominciò a ritirarsi in tutta fretta verso sud est.

Lo STAVKA aveva affidato al fronte di Brjansk un compito troppo oneroso, ed avendolo fatto era riluttante a convincersi che Erémenko non poteva cavarsela. Il 2 settembre, con un tono alquanto seccato, Stalin scrisse a lui e a Petrov (il vicecomandante in capo dell'aviazione, incaricato dell'appoggio aereo): " Lo STAVKA è tuttora insoddisfatto del vostro lavoro. . . è vero che siete riusciti a sconcertare un poco il nemico ma non lo avete costretto ad abbandonare le sue posizioni. Guderian e tutto il suo gruppo devono essere sbriciolati. Fino a quando non sarete riusciti a farlo, quanto dite dei vostri successi è del tutto inutile. Noi stiamo aspettando che ci riferiate di aver sconfitto il gruppo di Guderian ".

Quando apparve chiaro che la controffensiva di Erémenko stava risultando infruttuosa, la reazione dello STAVKA fu non di rinunciare all'impresa, bensè di gettarvi altre forze distaccandole da altri settori del fronte. Il capo dello stato maggiore generale (Sciaposcnikov) ordinò a Budénnij di mettere a disposizione il suo Il corpo d'armata di cavalleria, e per il vecchio rivoluzionario questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il 10 settembre, via radio, egli spiegò a Sciaposcnikov che questa era la sola formazione di riserva di cui disponesse per il fronte meridionale, lungo tutto l'arco Dnepropetrovsk Charkov (una distanza di circa 200 chilometri).

Il giorno seguente, il consiglio militare del fronte sud occidentale Budénnij, Krusciov e Pokrovskij si rivolse direttamente a Stalin. Esso chiese formalmente il permesso di ritirare le proprie forze verso est, rilevando che l'intero fronte sud occidentale correva ormai il grave pericolo di essere accerchiato dalle unità tedesche provenienti da Novgorod Severskij (zona di partenza di Guderian) e da Kremenciug (dove il 1ª Panzergruppe di Kleist e la 17ª armata tedesca avevano stabilito sul Dnepr una testa di ponte dalla quale Kleist stava velocemente puntando verso nord per ricongiungersi con Guderian). Budénnij, Krusciov e Pokrovskij dichiararono di aver già chiesto a Sciaposcnikov il permesso di ritirarsi, ma che egli lo aveva rifiutato, impartendo invece loro l'ordine di inviare due divisioni della 26ª armata a bloccare Guderian tra Bachmac e Konotop. Evidentemente i tre erano convinti che sotto l'incalzare degli eventi Sciaposcnikov stesse perdendo il controllo della situazione; eseguire quell'ordine avrebbe significato lasciare l'unica restante divisione della 26ª armata (meno di 10.000 uomini, reduci tra l'altro da lunghi e duri combattimenti) a difendere 160 km del corso del Dnepr contro forze tedesche che godevano della schiacciante superiorità numerica di 6 a l.

Stalin consultò immediatamente il comandante del fronte sud occidentale, colonnello generale Kirponos. Questi si disse assolutamente convinto della necessità che il suo fronte abbandonasse il saliente di Kiev per attestarsi circa 250 km più a est, sul fiume Psél. Ma Stalin respinse categoricamente questa soluzione, ordinando a Kirponos di tenere Kiev ad ogni costo, facendovi affluire tutte le forze che fosse possibile raccogliere. Poiché Budénnij insisteva a chiedere il permesso di ritirarsi, Stalin lo esonerò nominando al suo posto l'ex commissario del popolo per la difesa (ministro della difesa) maresciallo Timoscenko, che dei militari della vecchia generazione era quello che fino a quel momento si era meglio comportato.

Ma ormai era troppo tardi: la situazione era irrimediabilmente compromessa. Il varco ancora aperto tra Guderian e Kleist era inferiore ai 100 km, e i Panzergruppe si stavano muovendo l'uno verso l'altro a una velocità di gran lunga superiore a quella con cui le forze sovietiche accerchiate avrebbero potuto raggiungere il sempre più stretto corridoio: anche se si fossero messe in movimento immediatamente, di esse ben poche avrebbero fatto in tempo ad attraversarlo. Comunque, probabilmente obbedendo agli ordini di Stalin, Sciaposcnikov continuava a non consentire loro di mettersi in moto. Il 14 settembre il capo di stato maggiore di Kirponos, maggiore generale Tupikov, gli fece notare ancora una volta quali fossero i pericoli inerenti alla situazione, Sciaposcnikov definè il suo rapporto " allarmistico ", invitò i comandi di direzione e di fronte a mantenere la calma e ricordò a Tupikov e Kirponos: " Voi dovete eseguire gli ordini [tenere Kiev] che Stalin vi ha dato l'11 settembre ".

Ma ben lungi dall'essere allarmistica, la valutazione di Tupikov era, semmai, ottimistica. Guderian, viaggiando con la 3ª Panzerdivision alla testa del 2ª Panzergruppe, si ricongiunse con i carri armati di Kleist il 15 settembre, vicino alla scuola di Lochvitza. Quattro armate sovietiche (5ª, 21ª, 26ª e 37ª) erano cosi accerchiate. Il fronte sud occidentale stava per essere tagliato fuori, ed il suo sistema di comunicazioni cadde ben presto in un tale stato di caos che il giorno seguente Timoscenko ordinò alle sue forze che si trovavano ad est del cordone tedesco di tenere aperto il corridoio verso est, ignorando che non esisteva più alcun corridoio.

Sfidando gli ordini di Stalin, Timoscenko e Krusciov decisero di abbandonare Kiev, ed un ufficiale dello stato maggiore di Timoscenko, il maggiore generale Bagramjan, fu inviato a Priluki per comunicare verbalmente l'ordine a Kirponos. Ma quest'ultimo rifiutò di accettare come autentico l'ordine ed insistette nel chiedere lumi allo STAVKA, perdendo cosi altro tempo prezioso per l'evacuazione di Kiev. Mentre a Mosca Stalin e Sciaposcnikov discutevano la questione, l'anello tedesco si stava consolidando. Solo alle ore 23.40 del giorno seguente (17 settembre) lo STAVKA rispose, autorizzando l'abbandono di Kiev. Due notti che avrebbero potuto essere sfruttate per districare truppe dalla trappola (di giorno ogni movimento era pressoché impossibile, tanto completo era ormai il dominio dei cielo da parte dei tedeschi) erano state sprecate, e quella che sarebbe comunque stata una grave sconfitta fu trasformata dalle incertezze di Stalin in una vera catastrofe.

Nel corso della notte del 17/18 settembre Kirponos ordinò a tutte le sue armate di aprirsi a viva forza la via per uscire da quel cerchio. La 21ª armata doveva attaccare in direzione di Romny, dove il II corpo d'armata di cavalleria (che Budénnij, dietro le insistenze di Sciaposcnikov, aveva messo a disposizione una settimana prima) stava tentando di aprire un varco nello schieramento tedesco attaccando da est; la 5ª armata, seguita dalla 37ª, doveva dirigersi verso Lochvitza, punto di giunzione tra il 1ª ed il 2ª Panzergruppe; la 26ª armata, infine, doveva aprirsi una via d'uscita attraverso Lubny.

Ma il tentativo di sfondamento era votato all'insuccesso sin dall'inizio. La 37ª armata, che difendeva la zona urbana di Kiev, aveva perso contatto: non avendo quindi ricevuto l'ordine di tentare lo sfondamento, dopo aver continuato a combattere per due giorni si arrese nella città. Nel giro di poche ore, Kirponos aveva perso contatto con le altre tre armate e con lo STAVKA.

Il fronte sud occidentale ormai esisteva solo di nome; l'unica sua parte ancora sotto il comando di Kirponos era la 289ª divisione di fanteria, alla quale egli ed il suo stato maggiore si erano aggregati; ma nel corso della notte anche questa formazione si disperse, e quando raggiunse Gorodisce le erano rimasti solo 3.000 uomini, anch'essi suddivisi in numerosi distaccamenti (uno dei quali aveva con sé Kirponos e gli altri ufficiali dei consigli militari e degli stati maggiori del fronte sud occidentale e della 5ª armata).

Quello stesso giorno essi furono circondati nel boschetto di Sciumejkovo, e solo una manciata di ufficiali riuscè, due giorni dopo, a raggiungere il fiume Sula. Qui gli scampati scoprirono che i tedeschi li avevano preceduti, e solo pochi di loro riuscirono, in un modo o nell'altro, a sgusciare inosservati tra le file tedesche. Tra i superstiti non figurava alcuno dei membri del consiglio militare del fronte sud occidentale: tutti e tre (Kirponos, Burmistenko e Tupikov, che una settimana prima Sciaposcnikov aveva tacciato di " allarmismo ") erano stati uccisi.

Sul lato orientale del cerchio, l'Armata rossa presidiò le sue posizioni e cominciò a guardare verso ovest, con la speranza che le armate circondate dessero qualche segno di vita. Ben presto cominciarono ad arrivare piccoli gruppi di scampati. Il maggiore generale Bagramjan, che aveva comunicato a Kirponos l'ordine di ritirarsi, arrivò con 50 uomini. li generale Kuznetzov, comandante della 21ª armata, riportò indietro i superstiti della sua unità in buon ordine, ma i superstiti erano solo 500. Il generale Kostenko riuscè a portare in salvo solo pochi uomini della sua 26ª armata. Il comandante di brigata Borisov raggiunse le posizioni sovietiche portando con sé 4.000 cavalleggeri. Il commissario superiore di battaglione Gorban salvò dall'accerchiamento 52 trasmettitori dello stato maggiore del fronte. Arrivarono anche altri distaccamenti, ma tutti alquanto esigui.

Essi si erano lasciati alle spalle oltre 500.000 uomini tra morti e prigionieri, più dei due terzi degli effettivi del fronte sud occidentale all'inizio della campagna. Per l'entità delle perdite si trattava della più grave catastrofe della storia russa, e probabilmente della storia di tutto il mondo, anche se le sue conseguenze non si sarebbero poi dimostrate cosi decisive come quelle di molte battaglie apparentemente meno importanti.

La vittoria del gruppo di armate guidato da Rundstedt fu il più grande tra i successi riportati dalle armi tedesche. Per Guderian, anche se egli avrebbe di gran lunga preferito puntare direttamente su Mosca si trattava della più splendida conferma delle sue teorie in merito alla strategia bellica basata sulle forze corazzate. Presto egli avrebbe potuto verificare la fondatezza delle sue idee contro la stessa Mosca, vedendo se la preoccupazione dei russi per quella città sarebbe stata tale da far si che essi la difendessero in modo più efficiente di quanto avevano fatto con Kiev. Ma questa sarebbe stata la più impegnativa di tutte le prove. E la stagione propizia allo svolgimento dell'offensiva tedesca stava volgendo al termine. Nel settore meridionale si era perso molto tempo, forse troppo.