Battaglie & Operazioni

I Reparti Autonomi del Deserto

I reparti autonomi occupano ormai un posto importante nella recente storia militare inglese. Di solito queste attività hanno avuto origine da un uomo, spesso un ufficiale di grado relativamente basso, che aveva in testa una certa idea. Nel 1915 T.E. Lawrence aveva pensato di contrapporre l'esercito arabo ai turchi, nel 1943 Wingate ebbe l'idea dei Chindits, mentre nel 1941 David Stirling ideò lo Special Air Service. Nel 1940 il maggiore R.A. Bagnold aveva ideato il Long Range Desert Group.

In ambedue le guerre mondiali, il deserto che si estende a ovest del delta del Nilo e a sud del Mediterraneo fu un campo di battaglia; e in ambedue le guerre le sue caratteristiche topografiche imposero le stesse notevoli limitazioni ai movimenti delle forze impegnate. Nella prima guerra mondiale la necessità di adeguati rifornimenti di foraggi e acqua costrinse i reparti che si avvalevano dei cavalli e dei cammelli ad operare entro un raggio di pochi chilometri dalla costa.

Nella seconda, quando la benzina aveva preso il posto del foraggio, si manifestarono le stesse limitazioni. Ma in ambedue le guerre vi fu una eccezione, rappresentata dall'impiego di automezzi da trasporto alcune centinaia di chilometri nell'entroterra nella prima guerra mondiale, da parte delle pattuglie autocarrate leggere, e nella seconda da parte del LRDG.

Se si eccettua una striscia di territorio larga circa 40 km e situata nelle zone collinose della Cirenaica, il Gebel el Achdar, dove si registra una media annuale di circa 50 cm di pioggia, sufficiente a consentire la vita della popolazione che vi si è stabilmente insediata, la sottile striscia di deserto occidentale lungo la quale l'Asse e gli alleati combatterono le loro battaglie è larga soltanto da 8 a 16 km, qui cade una quantità di pioggia (circa 15 cm all'anno) sufficiente per permettere a pochi arabi nomadi di pascolare le loro greggi; vi sono anche alcune sorgenti, spesso di acqua salmastra. Le comunicazioni lungo la costa sono buone, una strada sempre praticabile corre da Alessandria a Tripoli, affiancata per un breve tratto da una linea ferroviaria.

Nell'entroterra si estende il grande deserto libico, su una superficie pressappoco uguale a quella della penisola Indiana. Vi sono alcune oasi sparse, ricche di acqua (ricavata da pozzi artesiani) e ospitanti quasi tutta la popolazione. Praticamente la pioggia non esiste: fosse si registra un breve acquazzone una volta ogni venti anni.

Le prime " pattuglie del deserto " inglesi.

Nel 1916, come nel 1940, l'Egitto si trovava di fronte alla minaccia di una invasione da occidente. Nel 1916 gli invasori erano arabi provenienti dalla Cirenaica, seguaci della setta dei Senussi, equipaggiati e incoraggiati dai turchi e guidati da ufficiali turchi e tedeschi. Gli italiani, che in quella guerra erano alleati della Gran Bretagna, stavano conquistando la Libia, ed erano quindi ostili ai Senussi. Lungo il Mediterraneo gli arabi furono sconfitti dalla cavalleria inglese, mentre la minaccia di un'invasione araba attraverso le oasi veniva efficacemente neutralizzata dalle pattuglie autotrasportate. Impiegando autocarri Ford modello T con pneumatici stretti (quelli da 89 mm venivano definiti " misura super ") gli inglesi coprivano ampie zone di deserto tra le oasi, dimostrando, dotati com'erano di semplici condensatori sistemati sui radiatori e di primitive bussole solari, quanto si potesse fare in questi deserti con mezzi da trasporto a motore.

Quando, nel giugno di quell'anno, dichiarò guerra, l'Italia aveva otto divisioni in Tripolitania e altre sei in Cirenaica, in posizioni dalle quali la frontiera egiziana poteva essere facilmente raggiunta. Le forze inglesi disponibili in quel momento erano così inferiori, sia per numero sia per equipaggiamento, che la minaccia contro l'Egitto era molto grave. Anche nell'interno del deserto la situazione era del tutto sconosciuta. In numerose oasi dell'interno della Libia, delle quali la più importante era quella di Cufra, gli italiani avevano piccole guarnigioni con campi di aviazione e scorte. Da queste basi essi avrebbero potuto operare in due direzioni:

* Da Gebel el Auenat, 250 km a sudest di Cufra, una formazione equipaggiata in modo adeguato, guidata con decisione e appoggiata dall'aviazione avrebbe potuto raggiungere Wadi Halfa sul Nilo, quasi certamente cogliendo del tutto alla sprovvista i difensori. Wadi Halfa era un punto di importanza vitale per il sistema delle comunicazioni inglesi tra il Cairo e Khartoum. Qui le navi da trasporto incontravano la ferrovia, e qui si trovava una base d'appoggio per gli aerei. Le operazioni contro l'Africa Orientale italiana vennero organizzate dal Sudan; poiché la marina da guerra italiana avrebbe potuto chiudere il Mar Rosso in qualsiasi momento, era indispensabile mantenere aperta la direttrice del Nilo. Un attacco di sorpresa sferrato dalla Libia italiana avrebbe potuto affondare navi da trasporto e chiatte, mettere fuori uso gli impianti portuali e le officine ferroviarie e distruggere tutte le scorte. Egualmente esposta ad un attacco di sorpresa da occidente era la diga di Assuan, essenziale per l'irrigazione del delta del Nilo.

* A sud di Cufra, sulla vecchia carovaniera diretta al lago Ciad, si trovava la provincia del Ciad dell'Africa Equatoriale francese. La Francia era caduta in giugno, e i francesi che si trovavano in Africa avevano un atteggiamento incerto. Alcuni erano per Pétain, altri per de Gaulle; una forza italiana che si fosse spinta verso sud da Cufra avrebbe potuto convincere o vincere i dubbiosi, annientando, lo spirito della Francia Libera. Inoltre, catturando Port Lamy gli italiani avrebbero potuto interrompere la via lungo la quale, essendo chiuso il Mediterraneo, i rinforzi di aerei raggiungevano l'Egitto dall'Africa occidentale via Khartoum e Wadi Halfa.

In realtà, gli italiani non stavano facendo alcuna di queste cose. Ma in quella fase della guerra era più prudente partire dal presupposto contrario.

In qual modo gli inglesi avrebbero potuto scoprire cosa stavano facendo gli italiani?
La ricognizione aerea non avrebbe potuto essere di grande aiuto. La RAF non aveva aerei da destinare ad un lavoro di questo genere e, anche se ne avesse avuti, le distanze sarebbero state comunque superiori alla loro autonomia di volo; inoltre si avrebbero avute più probabilità di trovare un ago in un pagliaio che di individuare una formazione nemica in quell'immenso deserto. Le informazioni dovevano quindi essere ottenute a terra.

Esplorazioni su scala ridotta.

Durante la prima guerra mondiale le pattuglie autotrasportate avevano dimostrato quali possibilità esistessero di impiegare veicoli motorizzati nel deserto, ma a guerra finita le pattuglie erano state sciolte, e l'interesse per i viaggi di esplorazione nell'entroterra era scemato.

Verso la meta degli anni venti, tuttavia, un certo interesse era rinato tra gli ufficiali dell'esercito dislocati in Egitto. Il capo di questo gruppo era, R.A. Bagnold, che allora ricopriva il grado di maggiore delle trasmissioni. I nuovi esploratori cominciarono ad operare su scala ridotta, dapprima con semplici gite a fine settimana intorno al Cairo, poi spingendosi più in la, fino al Sinai, alla Transgiordania e all'oasi di Siwa. Entro il 1929 alcuni erano già penetrati nel grande mare di sabbia, e nei dieci anni seguenti le spedizioni si trasformarono in esplorazioni su grande scala che coprivano distanze dell'ordine di 800 - 1.000 km, a sud verso il Sudan nordoccidentale e a ovest fino ai confini della Libia italiana e dell'Africa Equatoriale francese.

Nel corso di questi viaggi in automobile vennero assimilati tre importanti insegnamenti. Innanzi tutto, come muoversi nel deserto basandosi su bussole goniometriche e sul calcolo di poligonali costruite mediante tachimetri e controllate su punti astronomici fissi. In secondo luogo, come vivere nel deserto, che cosa indossare, che cosa mangiare e quanto poco bere. In terzo luogo, come riuscire a far muovere veicoli a ruote su mari di sabbia, su piattaforme rocciose e su spianate di ghiaia.

Nell'ottobre 1939, sebbene destinato all'Africa Orientale, Bagnold si trovava in Egitto in quanto la sua nave era rimasta danneggiata in una collisione verificatasi nel Mediterraneo e si era portata ad Alessandria per le necessarie riparazioni. Quando ancora 1'Italia era neutrale, egli aveva inoltrato presso le competenti autorità militari la proposta relativa alla costituzione di un piccolo gruppo destinato ad operare nel deserto, ma fu solo nel giugno del 1940, quando Mussolini dichiarò guerra, che la proposta giunse sotto gli occhi del generale Wavell. Sei settimane dopo, il LRDG era già in attivita.

Si tratta di settimane all'insegna dell'improvvisazione, dato che le forze inglesi in Egitto erano a corto di ogni cosa. Dopo che il LRDG ebbe raccolto le armi, al Cairo rimasero soltanto tre mitragliatrici, e poiché gli inglesi non possedevano alcun veicolo adatto, i primi automezzi dell'unità (Chevrolet da 3 t) dovettero essere acquistati in città o chiesti all'esercito egiziano. Essi vennero modificati sulla base dell'esperienza accumulate negli anni prebellici: balestre più resistenti, cabine di guida e portiere asportate e condensatori sistemati sui radiatori.

Del gruppo che Bagnold aveva riunito intorno a se prima della guerra, tre o quattro uomini erano ancora nel Medio Oriente o in Africa; essi vennero immediatamente convocati al Cairo per prestare il loro servizio in qualità di ufficiali. Le prime tre pattuglie furono costituite con uomini provenienti dalla divisione neozelandese, e quando, più tardi, l'unità venne potenziata, numerosi volontari vennero dalla brigata delle Guardie, dagli Yeomanry e da unità rodesiane.

Anche se le prime pattuglie furono di dimensioni maggiori, alla fine la struttura tipo era di un ufficiale e di circa 15 uomini, con una dotazione di cinque veicoli. Degli uomini, quattro erano specialisti: un trasmettitore, un navigatore, un meccanico aggiustatore e un aiutante di sanità; gli altri, autisti e addetti alle armi.

Senza un adeguato sistema di collegamento una pattuglia era inutile, in quanto non poteva né ricevere ordini né trasmettere informazioni. Per dare un'idea dell'entità dei problemi connessi alle comunicazioni, basterà indicare la distanza in chilometri di dieci pattuglie dal loro comando di gruppo in un giorno del 1942 preso a caso: 0, 0, 190, 190, 415, 500, 960, 960, 1.000, 1.120.

La vita era dura. Non essendo possibile avere disponibilità di cibi freschi, tutte le razioni erano costituite da generi scatolati, mentre la razione di acqua non raggiungeva i 3,5 litri al giorno, una quantità sufficiente in inverno, ma che sembrava molto scarsa nel pieno dell'estate.

Dal punto di vista della navigazione, come da quello della tattica, il paragone che tanto spesso si fa tra il mare e il deserto è di identità. L'assenza di punti di riferimento costringe il navigatore d'alto mare a fare affidamento sul sole, sulle stelle, sulla bussola e sul solcometro per individuare la propria posizione; nel deserto, quasi egualmente privo di elementi caratteristici riconoscibili (elementi che, anche quando esistevano, raramente apparivano segnati sulle carte), il " navigatore " doveva ricorrere agli stessi mezzi. Il metodo impiegato dalle pattuglie del LRDG si basava sull'uso di una bussola goniometrica e sul calcolo di poligonali costruite mediante le indicazioni fornite dal tachimetro; i dati cosi ottenuti venivano poi confrontati con quelli ricavati, di notte, dall'osservazione delle stelle e, quando le condizioni lo consentivano, dalla posizione del sole a mezzogiorno. Sugli automezzi la bussola goniometrica forniva direttamente l'effettivo rilevamento dell'angolo della direzione seguita e non risentiva del magnetismo dei veicoli. Impiegando questi metodi un " navigatore " esperto era in grado di arrivare entro un raggio di 3 km dall'obiettivo dopo una corsa di 160 km.

Si escludeva a priori la possibilità di munire di adeguato blindamento gli autocarri da 1,5 t impiegati dal LRDG per il peso supplementare che ciò avrebbe comportato.

Grazie alle armi di cui erano dotati, dapprima fucili mitragliatori Lewis e fucili controcarro Boyes, poi mitragliatrici Browning, Vickers K e Vickers da 12,7 mm, essi avevano un'elevata potenza di fuoco. All'inizio ciascuna pattuglia aveva un cannone controcarro Bofors da 37 mm montato sulla parte posteriore di un autocarro; questo tipo di cannone venne più tardi sostituito con le mitragliere Breda da 20 mm catturate agli italiani. La normale autonomia operative era, in distanza, di 1.750 km e di 3 settimane per quanto riguardava le scorte di viveri e di acqua; questa autonomia venne in seguito accresciuta con la creazione, in zone avanzate, di depositi di benzina.

Perché l'unità, potesse operare con successo era indispensabile che essa potesse fare affidamento su di una base sicura dove gli uomini potessero riposare e rinfrescarsi, gli automezzi e le attrezzature potessero essere preparate e dove fosse possibile installare un posto comando fisso per i collegamenti radio. Siwa e Cufra (e, in seguito, Zella e Hon) rispondevano perfettamente a queste esigenze.

Nell'agosto 1940 i preparativi erano ormai stati ultimati, e l'unità era pronta ad entrare in azione. Poiché Cufra era la base ideate dalla quale gli italiani avrebbero potuto operare contro la vallata del Nilo o nella provincia del Ciad, due pattuglie si recarono a riconoscere tutte le direttrici che partivano a raggiera da questa oasi. Per raggiungere questo obiettivo, esse attraversarono il grande mare di sabbia, un'estensione pari, approssimativamente, a quella dell'irlanda ricoperta da catene parallele di dune di sabbia alte 100-120 metri, separate da avvallamenti.

Dall'esame di queste piste e della posta ufficiale intercettata in seguito alla cattura di un piccolo convoglio adibito al trasporto di rifornimenti apparve chiaro che in quel momento gli italiani non stavano minimamente pensando alla possibilità di lanciare un'offensiva. Questo atteggiamento passivo da parte del nemico assicurava allo stesso LRDG la possibilità di adottare una tattica più aggressiva tattica che si tradusse in piccole incursioni contro il presidio italiano di Gebel el Auenat ed un avamposto dell'oasi di Gialo. Queste incursioni, effettuate da veicoli non corazzati ad una distanza di 800 o più chilometri dalla loro base, dovevano necessariamente essere solo brevi e moleste puntate e i danni materiali da esse arrecati al nemico non potevano che essere di lieve entità. Esse rientravano per ottimamente nel quadro della politica del generale Wavell, ingannare il nemico e portarlo fuori strada.

La prima incursione :Il nemico a colto alla sprovvista.

Nel gennaio del 1941 il LRDG si accinse ad attuare il piano più ambizioso mai tentato fino a quel momento. Una formazione di 75 uomini e 25 autocarri lasciò il Cairo per attaccare l'oasi di Murzuch, una importante postazione italiana nella Libia sud occidentale. Questo attacco comportava un viaggio di 2.400 km, comprendente l'attraversamento di due mari di sabbia. Era indispensabile evitare che la formazione venisse scoperta mentre ancora era in marcia e, in effetti, durante quel viaggio di 17 giorni gli inglesi incontrarono solo tre arabi. Quando Murzuch era distante ancora due giorni di marcia, venne effettuata una diversione per raccogliere un gruppo simbolico di soldati della Francia Libera che, portando con se scorte di benzina. aveva attraversato il deserto fino a raggiungere la cresta settentrionale delle montagne del Tibesti. Anche se si trattava di soli cinque uomini, questa pattuglia, messasi in moto in seguito agli accordi raggiunti con i francesi di Fort Lamy favorevoli a de Gaulle, era costituita dai primi esponenti del movimento della Francia Libera che partecipassero ad un'azione bellica contro l'Asse dopo la caduta della Francia.

L'attacco contro Murzuch colse gli italiani completamente alla sprovvista. Il forte fu incendiato con bombe da mortaio, e tre aerei furono incendiati nell'hangar. Le perdite inglesi ammontarono a due morti e tre feriti. II successo riportato a Murzuch indusse i francesi a patrocinare con maggiore vigore la loro idea di un attacco contro Cufra. Il colonnello D'Ornano, comandante delle truppe del Ciad, era stato una delle due vittime dell'incursione contro Murzuch, e il suo posto venne preso dal generale Leclerc. Per l'attacco contro Cufra Leclerc disponeva soltanto di 100 soldati francesi. e 300 indigeni; il problema più grave era però delle armi e dei mezzi di trasporto, cose per le quali egli. doveva accontentarsi di ciò che sarebbe riuscito a trovare o a improvvisare sul posto, Faya, la base più vicina, era quasi 1.000 km a sud di Cufra, mentre la località più prossima dove fosse possibile trovare acqua era Tekro, distante circa 650 km. Comunque, Leclerc riusci a superare tutte queste difficoltà, e il 1º marzo 1941 la guarnigione italiana di Cufra si arrese.

Le pattuglie del LRDG che avevano portato a termine l'incursione contro Murzuch erano state assegnate a Leclerc per l'attacco contro Cufra; ma il 31 gennaio una di esse, spintasi in esplorazione a un centinaio di chilometri a sud dell'oasi, ebbe la peggio in un breve scontro con una compagnia sahariana autotrasportata italiana, i reparti italiani corrispondenti al LRDG per compiti, non per entità. La pattuglia inglese perse quattro uomini (uno ucciso, e tre fatti prigionieri, compreso Clayton, il comandante della pattuglia). Fu questa una delle poche occasioni in cui gli italiani riuscirono ad assicurare una efficace cooperazione aria terra tra i loro tre bombardieri coloniali Ghibli e il reparto a terra.

Dopo questo incidente, le pattuglie del LRDG non presero parte all'attacco contro Cufra e ritornarono al Cairo, dopo aver percorso, in sei settimane, 7.200 km. Dopo la caduta di Cufra i francesi ritirarono gradualmente le loro truppe per preparare un'avanzata nel Fezzan, e nell'aprile del 1941 il controllo dell'oasi fu assunto da un battaglione del LRDG. Nei successivi venti mesi Cufra si rivela una base preziosissima per il LRDG, per lo Special Air Service e per la Sudan Defence Force (gruppo di difesa sudanese) nelle loro operazioni contro lo scoperto fianco meridionale del nemico che agiva lungo la costa.

Ma quello dei rifornimenti continuava ad essere un problema molto grave. Eccettuata l'acqua tutto ciò che era necessario nell'oasi doveva venire da Wadi Halfa, sul Nilo, e ciò comportava un tortuoso viaggio di oltre 2.000 km per il quale i convogli della Sudan Defence Force impiegavano circa tre settimane.

Il trasferimento dal Cairo significò che le officine per la riparazione del materiale di armamento presenti nella città non sarebbero più state utilizzabili, e per tale motivo al LRDG fu assegnata una sezione di officina leggera campale.

In un primo tempo la carenza di benzina costrinse le pattuglie a limitarsi a presidiare le vicine oasi di Tazerbo e El Zighen; ma entro la fine di giugno a Cufra era arrivata la Sudan Defence Force, e, disponendo di una maggiore quantità di benzina, il LRDG poté quindi aumentare il suo raggio di azione. Esso si occupò soprattutto di riconoscere il terreno (per valutarne la praticabilità) nella zona a sud di Agedabia e del golfo di Sidra, tenendo presente la possibilità di un'avanzata inglese verso Tripoli. Il lavoro di controllo della praticabilità, il grado in cui il terreno consentiva il movimento dei carri armati, dei mezzi di trasporto o l'allestimento di piste d'atterraggio fu quello cui le pattuglie dedicarono i massimi sforzi.

Durante la primavera e restate del 1941, mentre uno squadrone si trovava a Cufra, l'altro era a Siwa. Quest'ultimo venne impiegato in vari compiti: operare contro la guarnigione italiana di Giarabub, sorvegliare i movimenti di truppe sul versante meridionale del Gebel el Achdar, aprire ii fuoco sui convogli nemici non appena se ne presentava l'occasione, verificare la praticabilità del terreno in questa zona, fare da guida ad altre formazioni, ecc. Molto tempo venne dedicato al trasporto, da e per le zone collinose della Cirenaica, di agenti segreti, dei loro rifornimenti e delle radio con le quali essi si mantenevano in contatto con il Cairo, nonché all'avvio nelle retrovie dei soldati fuggiti dai campi di concentramento nemici o degli uomini che facevano parte di equipaggi di aerei abbattuti e che, gettatisi con il paracadute, avevano trovato rifugio presso arabi filo inglesi.

Nei primi giorni del novembre 1941 il battaglione di Cufra si trasferì a Siwa, dove l'intera unità venne raggruppata in attesa dell'imminente offensiva inglese (l'operazione Crusader ") contro le posizioni dell'Asse lungo la frontiera egiziana.

In queste operazioni il compito del LRDG fu quello di tenere d'occhio i movimenti delle truppe nemiche nell'entroterra e di attaccare non appena se ne fosse presentata l'occasione. Le pattuglie operarono su di una vasta area, attaccando autocolonne lungo le strade costiere a ovest di Tripoli e a sud di Bengasi, ripiegando dalla strada su posizioni riparate durante il giorno e ritornandovi al calar delle tenebre, oggi in un certo punto, il giorno seguente a 8 km di distanza.

Le pattuglie del LRDG tesero inoltre imboscate a autocolonne nemiche che muovevano lungo le piste del versante meridionale dello Gebel el Achdar e riuscirono persino a catturare un fortino posto nel deserto più a ovest, in prossimità di El Agheila, una pattuglia neozelandese costituì un'autocolonna con alla testa un autocarro italiano catturato; di notte la colonna si muoveva per chilometri e chilometri lungo la strada costiera, sparando sugli uomini e sugli automezzi che via via incontrava.

I partner del deserto: LRDG e SAS

Fu nel novembre del 1941 che il SAS e il LRDG operarono insieme per la prima volta. In quel periodo al comando del SAS si trovava il maggiore David Stirling, che, dopo aver fatto parte delle Scots Guards all'inizio della guerra, fu trasferito nel Medio Oriente con il commando n. 8; quando questa unità venne sciolta egli propose al generale Wavell di costituirne un'altra in grado di operare a tergo delle linee nemiche distruggendo aerei, autoveicoli, scorte e linee telefoniche. Wavell gli consenti di mettere insieme un'unità comprendente, in una prima face, sei ufficiali e 60 uomini. Per mesi la nuova unità si addestrò nel lancio con il paracadute, in lavori di demolizione e in lunghe marce sui terreni più accidentati, di giorno e di notte, alle più diverse temperature. In novembre il SAS intraprese la sua prima operazione.

Il piano prevedeva che la notte del 16 novembre, alla vigilia dell'operazione " Crusader ", i suoi uomini venissero paracadutati nel settore di Ain el Gazala per attaccare campi di aviazione nemici. Quella notte le condizioni atmosferiche erano proibitive: pioggia torrenziale, forte vento e visibilità minima. Gli aerei della RAF non riuscirono a individuare gli obiettivi, e gli uomini del SAS furono lanciati molto lontani da essi: un aereo da trasporto Bombay che aveva perso la rotta fini con l'atterrare su di una pista tedesca, dove venne catturato con tutti i suoi uomini di equipaggio. L'operazione falli completamente.

Una pattuglia del LRDG era in attesa a sud di Ain el Gazala per raccogliere i paracadutisti dopo l'attacco e riportarli a Siwa, ma solo 22 uomini raggiunsero il luogo dell'appuntamento.

Il 25 novembre una colonna celere guidata dal generale di brigata Reid parti da Giarabub, 130 km a est, e si impadronì dell'oasi di Gialo occupata dagli italiani.

Stirling, deciso a non fallire la seconda prova, porto a Gialo i resti del SAS con l'intenzione di cooperare con Reid. Un giorno o due dopo sopraggiunse uno squadrone del LRDG per effettuare incursioni a nord e a ovest.

Tra le due unità iniziò allora una collaborazione che si protrasse, con ottimi risultati, per molti mesi, fino a quando il SAS ottenne mezzi di trasporto propri. In novembre e dicembre, da Gialo partirono incursioni contro campi di aviazione dell'Asse situati lungo la costa nel corso delle quali il SAS sostenne poi di aver distrutto circa 100 aerei nemici a terra. A sera una pattuglia del LRDG scaricava il SAS a una distanza, dall'obiettivo, percorribile a piedi, gli uomini del SAS raggiungevano la pista di atterraggio e collocavano sugli aerei cariche di esplosivo munite di dispositivi di accensione a tempo. Prima dell'alba essi raggiungevano gli uomini del LRDG, e allo spuntar del giorno la pattuglia era già al sicuro, abbastanza lontana nel deserto da non dover temere eventuali ricognitori nemici.

Di solito erano fortunati; ma un giorno la pattuglia venne intercettata da caccia tedeschi; tutti gli autocarri, eccettuato uno, furono distrutti e gli uomini dispersi. Anche se vi fu una sola vittima, i superstiti, quasi senza acqua e senza cibo, dovettero camminare per oltre 300 km per portarsi in salvo a Gialo. LRDG doveva soprattutto essere un gruppo adibito a compiti di esplorazione, e in effetti esso assolse questo compito; tanto nel periodo qui descritto quanto, e in misura ancora maggiore, nei mesi successivi della campagna del Nord Africa. Ma esso aveva anche un altro ruolo, forse non meno importante del primo: infliggere perdite al nemico e " creare allarme e scoraggiamento ". Tutti i comandanti si guardavano alle spalle con apprensione temendo per l'incolumità delle loro vie di comunicazione; non vi è dubbio che questi attacchi sferrati dal LRDG e dal SAS e del tutto imprevedibili in quanto a tempo e lungo, costrinsero l'alto comando dell'Asse a distogliere uomini, mezzi da trasporto e aerei dalle operazioni principali che si svolgevano lungo la costa nel tentativo di neutralizzarli.